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Liquidazione controllata assimilabile alla giudiziale sulla scadenza dei crediti pecuniari

Necessaria la prova del ritardo per l’ammissibilità della domanda tardiva

/ Francesco DIANA

Giovedì, 30 ottobre 2025

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Nell’ambito della liquidazione controllata, la formazione dello stato passivo è riservata al liquidatore a cui è affidato il compito di accertare i crediti, mentre al giudice spetta il compito di derimere eventuali opposizioni e impugnazioni proposte mediante reclamo ai sensi dell’art. 133 del DLgs. 14/2019 (art. 273 comma 4 del DLgs. 14/2019).

Per effetto delle modifiche introdotte con il DLgs. 136/2024 (c.d. decreto correttivo-ter), l’art. 273 del DLgs. 14/2019 è stato interamente riscritto allo scopo di semplificare e accelerare la fase di accertamento del passivo nella liquidazione controllata, attraverso una procedura che ricalca quella prevista per la liquidazione coatta amministrativa (Relazione illustrativa al DLgs. 136/2024).

Al liquidatore, scaduti i termini per la proposizione delle domande di cui all’art. 270 comma 2 lett. d) del DLgs. 14/2019, spetta il compito di predisporre il progetto di stato passivo, che comunica agli interessati all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato in domanda.
Entro i successivi 15 giorni, i creditori possono proporre osservazioni e, entro i 15 giorni ulteriormente successivi, il liquidatore, esaminate le osservazioni, forma lo stato passivo e procede con il suo deposito (art. 273 commi 2 e 3 del DLgs. 14/2019).

Solo con il deposito lo stato passivo diventa esecutivo (art. 273 comma 3 ultimo periodo del DLgs. 14/2019).
Nel caso in cui giungano domande di ammissione c.d. tardive (ossia successive alla scadenza del termine), ai sensi dell’art. 273 comma 5 del DLgs. 14/2019, è necessario che il creditore fornisca una doppia prova: che il ritardo non sia a lui imputabile e, congiuntamente, che la domanda sia trasmessa entro 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ha impedito il deposito nei termini.

In merito è intervenuta la Cassazione con sentenza n. 28573 depositata il 28 ottobre 2025, sebbene con riferimento alla disciplina vigente prima delle modifiche operate dal DLgs. 136/2024.
In particolare, è stabilito che ove il creditore non abbia indicato le ragioni del ritardo e/o non abbia offerto mezzi di prova diretti a dimostrarne la non imputabilità, la domanda è da ritenersi inammissibile.

Nella previgente formulazione, l’art. 273 comma 7 del DLgs. 14/2019, attribuiva al giudice delegato tale onere, con decreto assunto “de plano” e “inaudita altera parte”.
Per effetto della riscrittura del citato art. 273, spetta al liquidatore eccepire l’inammissibilità, riservando al giudice l’onere di dirimere l’eventuale impugnazione, proposta con reclamo, della decisione assunta dall’organo gestorio (Relazione illustrativa al DLgs. 136/2024).

La Suprema Corte affronta anche il tema dell’applicabilità, nell’ambito della liquidazione controllata, della disposizione di cui all’art. 154 comma 2 del DLgs. 14/2019, relativamente alla presunzione di scadenza dei crediti pecuniari nell’ambito della liquidazione giudiziale.
La natura concorsuale della liquidazione controllata la rende assimilabile alla procedura della liquidazione giudiziale, posto che entrambe sono connotate dalla stessa struttura e hanno la stessa finalità di soddisfare i creditori mediante la liquidazione del patrimonio, nel rispetto della par condicio creditorum (Corte Cost. n. 121/2024).
Pertanto, nulla osta alla sua applicabilità anche alla liquidazione controllata; del resto, in ogni caso, troverebbe comunque applicazione la disposizione di cui all’art. 1186 c.c. con la conseguenza che il termine di pagamento debba considerarsi scaduto ove il debitore sia divenuto insolvente.

Pertanto, anche nell’ambito della liquidazione controllata, i crediti pecuniari devono considerarsi scaduti, ai fini del concorso, alla data di dichiarazione di apertura della procedura stessa.

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