Difendere le semplificazioni, ma senza distrarsi dalla revisione
A distanza di quasi due anni dalla sua introduzione, continua a far discutere di sé la norma che consente di trasferire le partecipazioni di srl mediante firma digitale e deposito a cura di un commercialista.
Nell’estate del 2008, a ridosso della sua approvazione da parte del Parlamento, il comma 1-bis dell’art. 36 del DL 112/2008, convertito con modificazioni nella L. 133/2008, scatenò roventi polemiche tra notai e commercialisti.
Polemiche che sono poi sfociate anche in azioni legali da parte di questi ultimi (in particolare, le azioni furono intraprese dal Consiglio Nazionale guidato da Claudio Siciliotti e dall’Ordine di Bologna guidato da Gianfranco Tomassoli), a fronte di una pubblicità comparativa promossa dal Consiglio Nazionale del Notariato, i cui contenuti non erano certo tra i più azzeccati.
Col tempo, dalle polemiche prettamente politiche, si è passati alle disquisizioni giuridiche.
Una certa corrente dottrinaria ha infatti sposato una tesi interpretativa volta ad affermare che la nuova procedura introdotta dal richiamato art. 36 del DL 112/2008 non consente comunque di prescindere dall’autenticazione della firma (in questo caso digitale) a cura di un notaio.
Poco conta la palese forzatura della ratio della disposizione: con un po’ di buona volontà e le giuste motivazioni, il tutt’altro che inappuntabile disposto normativo consente ricostruzioni ardite per animi ardimentosi.
E l’ardimento non è certo mancato al giudice del registro di Vicenza, quando ha emesso alcuni mesi fa un dispositivo (poi confermato dal Tribunale) con il quale avallava la ricostruzione volta ad affermare la non iscrivibilità sul registro delle imprese degli atti di trasferimento depositati da un commercialista e sottoscritti dalle parti con firma digitale priva dell’autenticazione notarile.
Risultato: nonostante la prassi di Unioncamere, di tutte le Camere di Commercio e dell’Agenzia delle Entrate dicano chiaramente che, nel caso di deposito ex art. 36 del DL 112/2008, la sottoscrizione dell’atto di trasferimento non necessita di autenticazione notarile, oggi è di fatto impossibile iscrivere tali atti presso il registro delle imprese, se non si ottempera obbligatoriamente alla formalità dell’autenticazione.
Con tanti saluti agli obiettivi di semplificazione della norma e, cosa non secondaria, con il rischio che questa impostazione possa un domani ampliarsi anche ad altri uffici del registro, portando altrove i disagi che nel mentre devono patire gli sfortunati colleghi vicentini e, prima ancora di loro, i cittadini e le imprese che devono iscrivere atti su Vicenza.
Per questo fa molto bene l’Istituto di Ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili a ritornare in questi giorni sul tema con la propria Circolare n. 15/IR, così come fu estremamente tempestiva nel diramare lo scorso settembre 2009 quelle prime indicazioni che furono poi recepite anche nei chiarimenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate e di Unioncamere (si veda l’articolo di Maurizio Meoli).
La reale portata del comma 1-bis dell’art. 36 del DL 112/2008 merita infatti di essere difesa con determinazione, perché, pur nella evidente perfettibilità di un testo normativo lacunoso, essa è il punto di partenza su cui innestare futuri ragionamenti per fattispecie analoghe, ossia fattispecie per le quali la legge prevede obblighi di autenticazione non già ai fini della validità dell’atto, ma soltanto ai fini del suo deposito presso il registro delle imprese.
È il caso, in primis, degli atti di affitto di azienda.
Questa ulteriore battaglia di semplificazione, tuttavia, è opportuno che venga temporaneamente lasciata ad altri, piuttosto che cavalcata dai vertici della nostra professione, come avvenne in occasione dell’estate del 2008.
In questa fase, infatti, l’attenzione di chi ci rappresenta, a livello istituzionale come a livello sindacale, è bene che sia concentrata sul tema della revisione legale dei conti.
Difendere con efficacia la procedura digitale sugli atti di cessione di partecipazioni di srl e magari ottenerne un ampliamento agli atti di affitto d’azienda sarebbe infatti peggio di una beffa, se nel frattempo si perdessero prerogative imprescindibili per la nostra professione sul fronte della revisione dei conti.