Non è giusto tassare i patrimoni
Si tratta di una ricchezza frutto di redditi già tassati in precedenza. È più che mai necessario, invece, contenere spesa pubblica e «sommerso»
Pubblichiamo l’intervento di Roberto D’Imperio, consigliere delegato alla fiscalità del CNDCEC. Precisiamo, su richiesta dell’Autore, che l’intervento è a titolo personale.
Non posso fare a meno di intervenire nel recente dibattito alimentato con fervore dal nostro collega Zanetti, in merito all’opportunità di introdurre in Italia una tassazione di tipo patrimoniale, soprattutto dopo il recente studio OCSE, dal quale emergerebbe che un tale tipo di tassazione potrebbe essere utilizzato per realizzare un sistema fiscale equilibrato e idoneo a favorire lo sviluppo economico.
Non vi è dubbio, infatti, che il patrimonio sia uno dei possibili oggetti di prelievo - esempio ne è l’ICI che grava, tuttora, in maniera diversificata, sugli immobili di proprietà. Tuttavia, prima di lasciarsi sedurre da facili ideologismi, è necessario individuare il discrimen tra quello che può ritenersi un legittimo risparmio frutto di redditi già in precedenza ampiamente tassati e la cui eventuale rendita, proprio per tale ragione, gode di una forma di prelievo per così dire meno “depauperativa”, e quello che è il frutto di “pure” attività speculative che in quanto tali non meritano tutela alcuna.
Parlare di opportunità di tassazione di grandi patrimoni trascura, infatti, di meditare sulla circostanza che, proprio in virtù della progressività del sistema di imposizione diretta vigente nel nostro Paese, tale ricchezza ha già subìto un prelievo più che proporzionale nel momento della sua produzione. Introdurre un’ulteriore forma di prelievo su tale ricchezza, dunque, equivale unicamente a penalizzare chi, dopo aver adempiuto al dovere di contribuzione alla spesa sociale secondo le regole “etiche” stabilite dal nostro Costituente, predilige l’investimento ed il risparmio al consumo improduttivo.
A questo proposito ritengo che, proprio perché in Italia il reddito da lavoro è pesantemente tassato, non sia proponibile l’introduzione di un aggravio del prelievo sui patrimoni ed i loro frutti, che altro non sono se non l’impiego di quello stesso reddito già gravato al momento in cui è stato prodotto.
È, inoltre, opportuno ricordare che, secondo i risultati emersi da uno studio della Banca d’Italia dello scorso marzo (working paper n. 755 del 2010), la capacità del nostro Paese di affrontare ed ammortizzare l’impatto della crisi è dovuta proprio all’accentuata propensione al risparmio ed all’investimento immobiliare delle famiglie italiane che, grazie alla loro parsimonia, sono le principali sostenitrici del debito pubblico italiano.
Pertanto, è oggi, al contrario, necessario ed imprescindibile agire sul contenimento della spesa pubblica che continua a registrare uno sconsiderato trend crescente, e soprattutto intensificare gli strumenti di lotta selettiva al sommerso che, proprio in quanto tale, sfugge alla logica contributiva e redistributiva sopra evidenziata.
L’unico caso in cui ritengo possibile addivenire ad una tassazione di tipo patrimoniale, (indirizzata unicamente ai grandi patrimoni) è qualora il nostro Governo, alla luce di una chiara strategia di svolta tesa a risanare i conti pubblici e nel contempo a rilanciare un’economia oramai asfittica, abbia bisogno di entrate straordinarie per un breve periodo (uno massimo due anni). Colpire i patrimoni in quanto tali appare, infatti, più che una scelta di equità fiscale, il solito espediente finalizzato a reperire nuovi facili introiti, invece che adoperarsi per colpire la vera ricchezza sottratta al prelievo e tutto ciò che è frutto di investimenti in operazioni finanziare meramente speculative e di arbitraggio a breve termine.