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EDITORIALE

Se i «consapevoli dell’evasione» recuperano 6,4 miliardi per lo Stato

/ Enrico ZANETTI

Martedì, 15 febbraio 2011

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I 25,4 miliardi di euro recuperati dalla triade Agenzia delle Entrate – INPS – Equitalia rappresentano un dato di tutto rispetto; innanzitutto perché, a differenza dei comunque significativi 50 miliardi di euro rivendicati nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza (si veda “Ecco la lotta all’evasione che ci piace” del 4 febbraio), si tratta non già di dati relativi a somme accertate, bensì di dati relativi a somme incassate.

Di questi 25,4 miliardi, 17 sono riconducibili all’attività dell’Agenzia delle Entrate, 6,4 a quella dell’INPS e 2 sono stati riscossi da Equitalia per conto di altri enti statali e territoriali (si veda “Evasione fiscale, nel 2010 recuperati 25,4 miliardi” dell’11 febbraio).
Interessante è, in particolar modo, il dato relativo all’Agenzia delle Entrate: i 17 miliardi di recupero di gettito si compongono infatti di 10,4 miliardi ascrivibili all’attività di controllo formale e di lotta all’evasione condotta dall’Agenzia delle Entrate, mentre i restanti 6,6 miliardi derivano dall’utilizzo di minori crediti fiscali in compensazione con i debiti tributari, rispetto alle compensazioni effettuate nell’anno precedente.

Come ricorda la stessa Agenzia delle Entrate, questo ragguardevole decremento delle compensazioni fiscali è stato reso possibile grazie alle nuove disposizioni che sono state a suo tempo introdotte, proprio a partire dal 2010, per combattere il fenomeno delle compensazioni indebite, ossia delle compensazioni in cui i contribuenti esponevano crediti in realtà inesistenti (in genere crediti per IVA), al solo fine di non pagare, alle scadenze stabilite, i propri debiti verso l’Erario.

Esigenze di sintesi hanno comprensibilmente impedito all’Agenzia delle Entrate di ricordare anche che queste nuove disposizioni sono consistite essenzialmente nel prevedere che, ove i crediti IVA da utilizzare in compensazione superassero i 15.000 euro su base annua, divenga necessario presentare, prima di procedervi, la dichiarazione annuale da cui tali crediti risultano, facendovi però apporre un visto di conformità a cura di un commercialista.

Nell’apporre il visto di conformità, il commercialista, sotto propria responsabilità (tanto da dover necessariamente contrarre un’apposita copertura assicurativa per garantire lo Stato della sua solvibilità, ove chiamato a risponderne), garantisce lo Stato in ordine al fatto che le risultanze della dichiarazione, da cui emerge il credito che il contribuente vuole utilizzare in compensazione, sono conformi a tutta la documentazione sottostante e sulla cui base la dichiarazione viene compilata: fatture e annotazioni contabili.

Ora, se la logica non mi fa difetto, credo si possano quindi ripartire i 25,4 miliardi di gettito fiscale recuperato nel 2010 come segue: 10,4 miliardi grazie all’attività di controllo formale e di lotta all’evasione svolta dall’Agenzia delle Entrate; 6,6 miliardi grazie all’attività di controllo formale e di lotta all’evasione svolta dall’INPS; 6,4 miliardi grazie anche all’attività di controllo di conformità delle dichiarazioni IVA per conto dello Stato svolta dai 115.000 commercialisti italiani; 2 miliardi grazie all’ulteriore attività di riscossione svolta da Equitalia per conto di altri enti statali e territoriali.

Se a tutto questo aggiungiamo che, bilancio previsionale dello Stato per il 2010 alla mano, l’Agenzia delle Entrate ha avuto costi di funzionamento a carico dell’Erario per 2.865 milioni di euro ed Equitalia ha ricevuto compensi dall’Erario per 325 milioni di euro, mentre è zero il costo per il bilancio dello Stato dell’attività di controllo di conformità delle dichiarazioni IVA svolta dai commercialisti italiani (quella che, secondo i dati forniti, avrebbe prodotto praticamente lo stesso recupero di gettito generato sul diverso fronte contributivo dall’INPS), c’è da chiedersi perché non riusciamo a far passare questo messaggio di oggettiva utilità al Paese.

Un po’ la responsabilità è dei nostri interlocutori istituzionali, che trascurano di fare le lusinghiere equivalenze “visto di conformità dei commercialisti sulle dichiarazioni = 6,6 miliardi di minori compensazioni indebite = commercialisti utili al Paese” con la stessa fluidità con cui sembrano pronti a fare, all’occorrenza, le assai meno lusinghiere equivalenze “100 miliardi di evasione da parte dei contribuenti = commercialisti consulenti fiscali dei contribuenti = 100 miliardi di evasione suggerita dai commercialisti ai contribuenti”.

Un po’ la responsabilità è anche nostra che, evidentemente, nonostante gli oggettivi progressi fatti sul fronte della comunicazione, non riusciamo ancora a trasmettere in modo abbastanza chiaro qual è il nostro ruolo.
Proviamoci, allora, anche con questi pochi e semplici numeri: proprio noi, meglio di altri, conosciamo la forza dei numeri.

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