Non abbandoniamo il sistema delle professioni: trasformiamolo
Caro Direttore,
ho letto con interesse la lettera del collega Tomasin (“Tutti chiedono al Governo un serio progetto di crescita, tranne noi” dello scorso 30 luglio), e il tuo stimolante commento.
Da sempre sono convinto che la nostra categoria, dopo essersi a lungo e con scarsi risultati confrontata con la classe politica, debba necessariamente rivolgersi a quei pezzi importantissimi della società civile ed economica del nostro Paese, al fine di condividere obiettivi e ideali.
Ciò anche per la banale ma decisiva constatazione che sono proprio quelle categorie economiche che, pur senza saperlo o comprenderlo, rappresentano i destinatari sostanziali, i veri “utilizzatori finali” di quasi tutte le battaglie che ci vedono impegnati come Dottori Commercialisti.
Come negare, infatti, che quando parliamo di mediazione civile, di riforma della giustizia tributaria, di miglioramento dei rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria, di esecutività degli accertamenti (e così via) solleviamo temi che, in fondo, riguardano e dovrebbero interessare tutte le categorie imprenditoriali che, sottoscrivendo quell’invito, hanno stimolato la riflessione del collega Tomasin?
Tu però, imputando all’attuale “freddezza” di rapporti (peraltro ingiustificabile) tra categorie professionali e associazioni imprenditoriali il mancato e auspicabile coordinamento che avrebbe permesso di unirsi a quell’appello, vai oltre e ti/ci domandi che fare pro futuro: “rimanere nel branco” con le altre categorie professionali, oppure “smarcarsi definitivamente”.
Non ho dubbi: né l’una né l’altra cosa.
Dobbiamo assolutamente e convintamente rimanere dentro il “sistema delle professioni”, per cercare di trasformare il branco (probabilmente, come dici, assumendoci il ruolo di ammortizzatori) e per potersi smarcare tutti insieme.
Chi meglio di una professione senza esclusive, ma con la forza della qualità, della competenza e della caparbietà (nessuno sarebbe altrimenti sopravvissuto al nostro posto) può farsi carico di “stare dentro” il sistema delle professioni, valorizzandolo e, nello stesso tempo, convincendo la società civile ed economica che tale sistema (magari perfezionato) non è un laccio, ma un motore e una risorsa per la ripresa del Paese?
Lavoro duro e difficile?
In passato il destino (crudele) ci ha sempre consegnato ruoli e compiti difficili.
Il futuro non sarà molto diverso, ma abbiamo le risorse morali per affrontarlo.
Marco Rigamonti
Presidente AIDC
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