Se non hanno più pane, che mangino brioche!
Non vorrei sembrare un disco rotto, ma la sentenza della Consulta sull’indicizzazione delle pensioni, con tutte le conseguenze che ne deriveranno, ci obbliga a tornare sull’argomento: continuare a drenare enormi risorse dalla popolazione attiva per riversarle sui pensionati è semplicemente suicida.
In Italia esiste un gruppo di persone, numerosissimo, che riceve ogni mese una donazione rappresentata dalla quota di pensione non coperta dai contributi versati. Il gruppo è molto eterogeneo, ci sono i pensionati sociali, i parlamentari che lo sono stati per un solo giorno, i baby pensionati, e, più in generale, tutti coloro che ricevono un euro in più di quello che spetterebbe loro in relazione ai contributi versati. Per qualcuno è una goccia d’acqua, per altri è un bella cassa di champagne.
Tempo fa avevamo proposto, ingenuamente, che l’INPS evidenziasse sul cedolino di ogni pensionato, l’importo della pensione quale sarebbe se fosse calcolata con il metodo contributivo (si veda “La differenza tra fare e tirare a campare” del 27 giugno 2013). Così, tanto per introdurre un minimo di trasparenza e di consapevolezza per tutti. Ovviamente non se ne è fatto nulla.
La pensione non coperta da contributi, nel diritto privato, si direbbe un corrispettivo senza causa. In sociologia potremmo parlare di classe dominante. Credo si possa dire che una classe è dominante quando è in grado di accedere a un quantitativo di risorse in modo del tutto indipendente da una qualche forma di contributo alla produzione delle stesse, disponendo poi dei mezzi, fisici e/o giuridici, per imporre e preservare il suo privilegio.
Il primo problema che hanno i politici è essere eletti. Il secondo problema che hanno i politici è essere rieletti. I pensionati sono oltre 16 milioni. Considerando i coniugi, i pensionati sono in grado di eleggere due terzi del Parlamento.
Dunque è del tutto comprensibile la levata di scudi contro le sacrosante dichiarazioni di Enrico Zanetti sul fatto che rimborsare chi percepisce pensioni elevate è immorale. Le elezioni regionali sono alle porte.
Il ragionamento tuttavia è lapalissiano: le pensioni devono servire a garantire una vecchiaia decorosa, non ad arricchirsi e, ad esempio, 2.000 euro al mese assicurano una vecchiaia decorosa, a maggior ragione se la maggior parte dei lavoratori va a lavorare tutti i giorni per avere quella cifra o, in molti casi, anche molto meno (il reddito annuo medio dei lavoratori dipendenti italiani nel 2013 è stato 20.600 euro). Semplicemente, pensioni superiori a 2.000 euro al mese non coperte da contributi non dovrebbero esistere.
Ma se anche si trovasse uno statista con il coraggio di essere impopolare per non essere antipopolare, interverrebbe immediatamente la Corte Costituzionale a rimettere le cose a posto. Da sempre la classe dominante deve avere quello che ha sempre avuto, cascasse il mondo. Non c’è crisi, non c’è necessità di tenere i conti pubblici in ordine, non c’è debito pubblico insostenibile che tenga.
Il conte deve avere tre pere. Se la stagione è stata propizia e sull’albero ce ne sono cinque, evviva. Se la stagione è scarsa, e sull’albero ci sono solo tre pere il conte ne deve avere sempre tre, e gli altri si aggiustino. Se la stagione è molto scarsa, e sull’albero ci sono solo due pere, i contadini si ingegnino a procurare la pera mancante.
Con un minimo di onestà intellettuale non si faticherebbe a capire, e a spiegare a tutti, che, per tentare di assicurare stabilità a chi sta lavorando, un minimo di speranza ai giovani e i fondi per le stesse pensioni, è necessario rilanciare la produzione in Italia. Ma, per farlo, occorre ridurre sensibilmente il carico fiscale e contributivo sui lavoratori attivi e sulle imprese, altro che aumentare le pensioni.
Le sentenze si rispettano, va bene, ma si dovrebbe un po’ di rispetto anche verso le persone che producono le risorse che serviranno per rispettare le sentenze. Per noi che continuiamo a lavorare, e a dare lavoro, nonostante ci venga prelevato il 60% di quello che produciamo, la situazione generale ricorda un po’ la Versailles di fine 700, con l’Ancien Régime impegnato pervicacemente a difendere l’indifendibile. La recente sentenza della Corte Costituzionale ci suona un po’ come la frase attribuita a Maria Antonietta: “Se non hanno pane, mangino brioche”.
Sappiamo però anche com’è andata a finire.
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