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Bancarotta per distrazione se l’amministratore preleva compensi «incongrui» e non deliberati

/ REDAZIONE

Giovedì, 21 settembre 2017

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La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 42762/2017, ha precisato che risponde del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non di quello (meno grave) di bancarotta preferenziale, l’amministratore che, in assenza di una delibera assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, prelevi somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto, la cui congruità non sia fondata su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata e oggettiva valutazione; a titolo di esempio, sono stati indicati gli emolumenti riconosciuti ai precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, gli impegni orari osservati, i risultati garantiti ed altri simili.

L’elemento della adeguatezza del compenso appare il criterio discretivo individuato dalla giurisprudenza di legittimità per stabilire il confine tra le due fattispecie incriminatrici, come si ricava anche da una precedente e coerente decisione, secondo la quale risponde dell’ipotesi di bancarotta preferenziale, e non di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’amministratore che ottenga, in pagamento di suoi crediti verso la società in dissesto relativi a compensi e rimborsi spese, una somma che risulti congrua rispetto al lavoro prestato (così Cass. n. 48017/2015).

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