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L’atto pubblico non impedisce la valutazione delle dichiarazioni accessorie del contribuente

/ REDAZIONE

Sabato, 4 novembre 2017

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L’atto pubblico, in relazione ai fatti non coperti da pubblica fede, non esime il giudice dalla valutazione del materiale dichiarativo prodotto dal contribuente.
È quanto sostengono i giudici della Cassazione con l’ordinanza n. 26140 depositata il 3 novembre 2017.

La causa vedeva contrapposti un contribuente e l’Agenzia delle Entrate. Il contribuente aveva acquistato una farmacia per 1.270.000 euro, a fronte di un reddito dichiarato di poco più di 16.000 euro. L’Agenzia aveva emesso un avviso di accertamento sintetico rideterminando il reddito in 220.163 euro; cifra, questa, desunta dalle spese per incrementi patrimoniali, dalle spese di mantenimento di una vettura e dal pagamento di un canone di locazione.

Il giudice di appello aveva respinto il gravame del contribuente e, assecondando i dettami dell’art. 2700 c.c., secondo il quale “l’atto pubblico fa piena prova sino a querela di falso”, non aveva ritenuto rilevabili le dichiarazioni accessorie prodotte dall’appellante. In sostanza, per la C. T. Reg., la dichiarazione resa dalle parti al notaio, secondo la quale il pagamento di 1.270.000 euro era stato effettuato dalla parte acquirente, costituiva prova della veridicità sostanziale dei fatti dichiarati, e pertanto il giudice si riteneva esentato dall’esame del materiale dichiarativo di segno diverso, prodotto dal contribuente; in particolare, si trattava della dichiarazione della madre, che ammetteva di aver prestato al figlio 750.000 euro, e di una scrittura privata dalla quale emergeva un minor prezzo di acquisto.

Secondo la Cassazione, che ha accolto il motivo di ricorso del contribuente, “il giudice di merito era tenuto comunque ad effettuare un giudizio di attendibilità delle dichiarazioni di terzi introdotte dal ricorrente”: in altre parole, avrebbe dovuto applicare il principio di diritto secondo il quale le dichiarazioni extraprocessuali rese da soggetti terzi rispetto alle parti in causa costituiscono prove atipiche, con valore probatorio proprio degli elementi indiziari.

Infatti, è pur vero che l’art. 2700 c.c. attribuisce efficacia fidefaciente alla circostanza che determinate dichiarazioni siano state rese davanti a un notaio, ma “non estende la valenza probatoria privilegiata alla veridicità sostanziale di tali dichiarazioni, il cui contenuto può essere oggetto di prova contraria senza necessità di esperire lo speciale procedimento di querela di falso”.

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