Rivalutazione doppia con prova dei valori rafforzata
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28173 depositata ieri ha stabilito che, in caso di rivalutazione di un bene d’impresa già in precedenza rivalutato, occorre esplicitare in modo puntuale i fattori che hanno portato ad un valore eccedente quello corrispondente alla prima rivalutazione.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la quale ha confermato la sentenza di secondo grado favorevole all’Agenzia delle Entrate, una società aveva rivalutato un bene prima nel 2000 e poi nel 2005, difettando però negli atti societari le indicazioni dei criteri che hanno portato all’evidenza di valori, nel 2005, superiori a quelli del 2000.
Secondo la Suprema Corte, in questi casi non sarebbe possibile allocare in bilancio l’ulteriore rivalutazione, non essendo plausibile un incremento significativo in assenza di migliorie o di situazioni di mercato più favorevoli.
Al di là dello specifico caso, si tende ad ammettere un nuovo adeguamento dei valori dei beni già rivalutati. Secondo l’Approfondimento Assonime n. 2/2013, in particolare, ciò sarebbe possibile:
- quando nella prima rivalutazione l’impresa abbia deciso di attestarsi a valori inferiori a quelli massimi consentiti (spesso per evitare contestazioni in merito alla congruità del nuovo valore);
- quando il costo di iscrizione in bilancio del bene è stato ridotto degli ammortamenti medio tempore effettuati;
- quando, pur essendosi la prima rivalutazione attestata su valori massimi, il bene ha registrato un ulteriore incremento di valore.
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