Il falso dell’esecutore dell’operazione è reato proprio
Ai sensi del previgente art. 55 comma 2 del DLgs. 231/2007, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro”.
A tal riguardo, la pronuncia della Cassazione n. 56393/2017, ricorda come, in base al previgente art. 21 del DLgs. 231/2007, i clienti dovevano fornire, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti destinatari del DLgs. medesimo di adempiere agli obblighi di adeguata verifica della clientela. In particolare, ai fini dell’identificazione del titolare effettivo, i clienti dovevano fornire per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate delle quali fossero a conoscenza.
A fronte di ciò, è sottolineato come la fattispecie di cui all’art. 55 comma 2 sia costruita come un reato proprio che solo l’esecutore dell’operazione può commettere. Ed il concorso di persone può essere ravvisato solo quando l’attività penalmente rilevante dell’esecutore dell’operazione sia perfetta in tutti i suoi elementi (circostanza non presente nel caso di specie, nel quale si ravvisava una inadeguata motivazione dei giudici di merito in ordine all’elemento soggettivo della fattispecie).
Si tenga presente, infine, che – nell’ambito dell’ampia riforma della normativa antiriciclaggio – la fattispecie in questione oggi confluisce nel nuovo art. 55 comma 3 del DLgs. 231/2007, ai sensi del quale, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque essendo obbligato, ai sensi del presente decreto, a fornire i dati e le informazioni necessarie ai fini dell’adeguata verifica della clientela, fornisce dati falsi o informazioni non veritiere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro”.
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