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Manovra, Miani: «Sul lavoro autonomo un passo indietro»

Il Presidente dei commercialisti critica la nuova stretta sulle partite IVA: «Le continue rivoluzioni disorientano»

/ Savino GALLO

Sabato, 19 ottobre 2019

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“Se della manovra precedente apprezzavamo il fatto che, dopo i lavoratori dipendenti e le imprese, si fosse iniziato a guardare un po’ anche al mondo del lavoro autonomo, oggi prendiamo atto che si torna indietro e che le risorse che si risparmiano da questo comparto si mettono da altre parti”. Massimo Miani ribadisce il giudizio negativo sui provvedimenti che dovrebbero essere inseriti nella prossima legge di bilancio e nel collegato fiscale. Su tutti quelli che più da vicino interessano le professioni, a cominciare dalle preannunciate novità sul regime di tassazione per i fatturati sotto i 65 mila e i 100 mila euro, criticate dal Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti sia nel metodo che nel merito.

Presidente, cosa non la convince del passo indietro sulla flat tax per le partite IVA?
“Il tema principale è che non si possono cambiare le cose in continuazione. Eravamo partiti lo scorso anno con questo nuovo regime e ora si rivoluziona tutto. Non si può che rimanere disorientati. Nel merito, questo sistema aveva sicuramente delle criticità ma è evidente che per alcuni soggetti, penso ai professionisti giovani che oggi hanno difficoltà ad aprire un proprio studio, portasse indubbiamente dei benefici. Non solo in termini di tassazione agevolata ma anche di semplificazione, dato che non avevi la fatturazione elettronica e non si dovevano tenere registri e contabilità. Ora, invece, si torna indietro a quello che sembrerebbe il vecchio regime dei minimi, seppur con qualche variazione”.

Anche il doppio conto corrente per i professionisti, che al momento sembrerebbe scongiurato, sarebbe stato un passo indietro?
“Certamente. Avrebbe portato ulteriori costi di cui obiettivamente non c’è bisogno. Le imprese e i piccoli professionisti arrancano. Introdurre altri costi avrebbe significato affossarli. Per fortuna ci hanno ripensato”.

Qualche ripensamento c’è stato anche sulle sanzioni. Non arriverà il Daspo per i commercialisti, ma in compenso viene introdotta una sanzione di mille euro per gli F24 scartati per indebita compensazione.
“Anche lì, c’è da capire bene. Un conto sono le frodi, un altro gli errori che possono capitare anche per importi bassi. Se non ci fosse una differenziazione sarebbe inaccettabile. Siamo in un regime di controllo assoluto e se sbagli paghi pesantemente, con una sanzione spropositata anche in caso di minimo errore. E poi a pagare sarebbero ovviamente i professionisti. Perché se su una compensazione l’errore lo fa il professionista alla fine il cliente a lui ne chiederà conto”.

Restando sulle compensazioni, visto che vengono subordinate alla presentazione delle dichiarazioni, avevate anche chiesto di poter anticipare le dichiarazioni a febbraio. Fattibile?
“Qualche giorno fa, leggevo proprio sul vostro quotidiano l’intervento di un collega, che sottolineava come la proposta fosse corretta di principio ma anche abbastanza utopistica: se a ottobre di quest’anno siamo ancora sui temi relativi alle dichiarazioni dell’anno precedente non si può pensare che a febbraio sia tutto già pronto. In effetti, ha ragione”.

Alla fine, dai provvedimenti legati alla lotta all’evasione il Governo spera di ottenere poco più di tre miliardi. Non gli oltre sette di cui si parlava inizialmente ma comunque molti. È un obiettivo raggiungibile?
“Difficile da dire, perché non abbiamo ancora chiaro quello che verrà fatto o meno. È certo, però, che bisognerebbe iniziare a fare i conti anche su quanto costano questi interventi su contribuenti e intermediari. Sono costi che non si considerano mai ma che pesano molto”.

Altro punto forte della manovra la lotta all’utilizzo del contante e gli incentivi ai pagamenti elettronici. Cosa ne pensa?
“Gli incentivi all’utilizzo della moneta elettronica sono positivi, su questo punto siamo indietro rispetto ad altri Paesi europei. La limitazione del contante, invece, mi sembra ancora una volta un passo indietro. Tre mila euro è già uno degli importi più bassi che c’è in Europa. Abbassarlo ulteriormente non mi convince più di tanto”.

Invece, come vede l’eliminazione progressiva delle detrazioni per i redditi superiori ai 120 mila euro?
“Anche qui ho dei dubbi. Se si è convinti che le detrazioni servano a contrastare l’evasione, non si riesce a capire perché sopra determinati redditi questo concetto non debba più essere valido. Se vale, vale per tutti”.

Alla fine, stando ai calcoli del MEF, quest’anno ci si è ritrovati con circa un miliardo e mezzo in più di maggiori entrate da soggetti ISA e forfettari. Significa che i nuovi strumenti funzionano?
“Credo che, in questo senso, la fatturazione elettronica abbia inciso. Magari, se avessero avuto prima questo dato, il tema ISA avrebbe potuto essere trattato diversamente (introducendo la facoltatività, non concessa proprio per evitare il buco nei conti dello Stato, ndr). Certo, se la priorità è non far aumentare l’IVA e tutte le risorse le metti lì, poi rimane poco per fare altro”.

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