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OPINIONI

La Corte dei Conti si candida per la giurisdizione tributaria

I giudici contabili evidenziano il loro ruolo «a salvaguardia degli interessi dell’Erario»

/ Alfio CISSELLO

Sabato, 26 ottobre 2019

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La Corte dei Conti, con un comunicato stampa del 24 ottobre 2019, ha fatto presente che, tramite apposita risoluzione indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, intende in sostanza “candidarsi” per gestire le vertenze tributarie.
In poche parole, si propone far decidere le cause tributarie ai giudici contabili.

Si specifica in particolare nel comunicato: “Nel solco del dibattito che si sta sviluppando intorno alla riforma della giustizia tributaria, la Corte dei conti intende offrire, quale Magistratura posta dalla Costituzione a salvaguardia degli interessi dell’Erario, il proprio contributo al migliore esercizio della giustizia tributaria stessa”.
Lascia davvero perplessi quanto sembra trapelare dal passo riportato: la proposta di attribuire alla giurisdizione contabile le cause tributarie viene spalleggiata in qualità di “Magistratura posta dalla Costituzione a salvaguardia degli interessi dell’Erario”.

Si tratta, come puntualmente indicato in apposito comunicato stampa dell’UNCAT (Unione nazionale camere avvocati tributaristi) di ieri, di una risoluzione “inaccettabile”, in cui il trapasso tra giurisdizioni “appare apertamente orientato a preservare gli interessi dell’Erario a scapito dei cittadini contribuenti”.
È evidente che la giustizia tributaria ha la funzione di difendere gli interessi dei contribuenti da eventuali atti dell’Amministrazione finanziaria infondati o illegittimi e, in molti casi, ha proprio la funzione di difendere il contribuente dai soprusi del potere erariale.
Come rilevato dall’UNCAT, obiettivo della giurisdizione tributaria “è garantire l’equità del prelievo fiscale e la parità delle armi nel processo”.

Gli interessi dell’Erario si tutelano senza problemi da soli, non c’è bisogno del giudice. Basti pensare al fatto che, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa, se l’Ufficio, senza alcun controllo giurisdizionale preventivo, pensa che ci sia un pericolo per la riscossione, riscuote tutta la pretesa incluse le sanzioni.

A ben vedere, però, l’interesse erariale, spesso, è tutelato già dal legislatore: si vedano i recenti interventi legislativi, che, per scongiurare potenziali inammissibilità di ricorsi in appello presentati in via telematica a fronte di ricorsi introduttivi cartacei del contribuente, ne hanno senza mezzi termini sancito la legittimità. O, per fare un esempio più recente, si pensi al DL 34/2019, che, a fronte di qualche sentenza di segno negativo per l’Erario, ha sancito, magari in modo un po’ confuso, che Agenzia delle Entrate-Riscossione può difendersi anche tramite legali esterni (ergo: sono validi i ricorsi in appello e in Cassazione nel frattempo proposti).

Non si vuole in questa sede sindacare la correttezza o meno di tali interventi legislativi: è però evidente che l’Erario è costantemente tutelato in una prospettiva de iure condendo, non solo de iure condito.
Chi frequenta le Commissioni tributarie sa molto bene che il contribuente non sempre ha ragione. Ma, nel contempo, sa altresì molto bene che moltissimi accertamenti sono completamente al di fuori dal paradigma normativo e che una tesi, sebbene assolutamente infondata oppure contrastante con un consolidato orientamento giurisprudenziale, magari ventennale, viene spesso perseguita sino in Cassazione.

È poi ovvio specificarlo: il contribuente deve pagare il difensore e sopportare il costo del processo, perché non può beneficiare, tanto per fare un esempio, della prenotazione a debito del contributo unificato, men che meno della prenotazione a debito dell’onorario del difensore.
Tutto questo per far comprendere come non esista alcuna esigenza di prevedere una giurisdizione a tutela dell’interesse dell’Erario. Questa giurisdizione esiste ed è quella contabile, che, naturalmente, giudica cause in cui davvero l’interesse dell’Erario deve essere difeso.

Contribuente in toto dimenticato

La riforma della giurisdizione tributaria può, a nostro avviso, andare solo in un senso: l’accesso alla medesima deve avvenire in base a un concorso per esami, e i partecipanti, oltre ovviamente a chi riveste già il ruolo di giudice tributario, ben possono essere i giudici contabili.
Ma, come materie per la preparazione alle prove scritte e orali, di certo non devono figurare, quantomeno come materie dirimenti, il diritto amministrativo e la contabilità pubblica, ma, in primis, il diritto tributario, la procedura civile ed elementi di diritto penale e civile.

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