Non esiste un diritto del lavoratore allo smart working emergenziale
Ciò al di fuori del caso dei lavoratori disabili o con familiari disabili; il datore deve però motivare il rifiuto sulla base di serie ragioni tecnico-organizzative
La normativa di emergenza finalizzata al contenimento della diffusione del coronavirus ha fortemente promosso il ricorso al lavoro agile disciplinato dagli artt. 18 e seguenti della L. 81/2017. Dall’8 marzo sino al 31 luglio 2020 lo smart working è infatti attivabile anche in assenza dell’ordinario accordo tra lavoratore e datore di lavoro, con possibilità di assolvere per via telematica agli obblighi di informativa previsti dall’art. 22 della L. 81/2017 (art. 2 comma 1 lett. r) del DPCM 8 marzo 2020). Inoltre, “il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza” è espressamente raccomandato dall’art. 1, comma 7, lett. a) del DPCM 11 marzo 2020.
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