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OPINIONI

Visto di conformità da estendere a tutti i bonus edilizi trasformati in crediti

Ora le opzioni di sconto in fattura e cessione a terzi richiedono il visto solo quando oggetto di «trasformazione» in credito d’imposta è il superbonus

/ Enrico ZANETTI

Lunedì, 11 ottobre 2021

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Con la NADEF 2021 il Governo ha messo nero su bianco che saranno ulteriormente prorogati gli incentivi di efficientamento energetico degli edifici.
Questo rende certa la proroga dell’ecobonus ex art. 14 del DL 63/2013, ma anche del superbonus lato efficienza energetica ex commi 1-3 dell’art. 119 del DL 34/2020.

Ovviamente, perché di vera proroga si possa parlare, non basterà quella della possibilità di maturare la detrazione IRPEF/IRES, ma anche quella di poter fruire del beneficio con le modalità opzionali dello sconto applicato in fattura dal fornitore o della cessione del credito di imposta a terzi, ivi comprese banche e intermediari finanziari, ex art. 121 del DL 34/2020.

È decisamente auspicabile che queste proroghe, sia di maturazione dei benefici che di modalità alternative di loro fruizione, vengano disposte non solo con riguardo agli interventi di efficienza energetica, ma anche con riguardo agli interventi di miglioramento sismico degli edifici (sismabonus ex art. 16 del DL 63/2013 e superbonus ex comma 4 dell’art. 119 del DL 34/2020), agli interventi di rifacimento delle facciate esterne (bonus facciate ex art. 1 commi 219-223 della L. 160/2019) e agli altri interventi di recupero del patrimonio edilizio (bonus IRPEF 50% ex art. 16-bis del TUIR e art. 16 comma 1 del DL 63/2013).

Questa tornata di proroghe dovrebbe però essere l’occasione per il legislatore di riflettere su un vero e proprio “non senso assoluto” che caratterizza l’attuale disciplina delle opzioni di sconto in fattura e cessione a terzi dei benefici fiscali “edilizi”.
Attualmente, queste opzioni, per poter essere validamente esercitate nei confronti dell’Erario, richiedono l’apposizione del visto di conformità a cura di un professionista abilitato solo quando oggetto di “trasformazione” della detrazione, in credito di imposta ulteriormente cedibile a terzi, è il superbonus 110%, mentre nessun controllo di conformità, da un professionista abilitato che se ne assume la responsabilità, viene richiesto per la “trasformazione” del bonus facciate 90%, dell’ecosismabonus parti comuni 70-85%, dell’ecobonus 50-65%, del sismabonus 50% e della detrazione IRPEF 50%.

Soprattutto il bonus facciate 90% e la detrazione IRPEF 50%, per la “essenzialità” sostanziale e procedurale del tipo di interventi che possono originarli, finiscono in questo modo per originare “crediti di imposta liberamente commerciabili” (ossia quanto di più vicino al concetto di “moneta fiscale”), spesso per decine di migliaia di euro, quando non, talvolta, addirittura per centinaia, nella più totale assenza di certificazioni tecniche e/o fiscali da parte di professionisti abilitati che se ne assumono la responsabilità davanti allo Stato.

L’attenzione di tutti è polarizzata dal superbonus 110% e a fine agosto l’ENEA ha reso noti i dati delle asseverazioni di efficienza energetica superbonus che le sono state trasmesse telematicamente dai contribuenti, evidenziando oltre 6 miliardi di euro di benefici fiscali richiesti in relazione al solo superbonus efficienza energetica.
Se però l’Agenzia delle Entrate facesse pubblicamente il punto su quanti miliardi di crediti di imposta si sono originati a fronte delle comunicazioni di opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito, che le sono state trasmesse telematicamente, anche con riguardo alle altre tipologie di bonus, è facile prevedere che si vedrebbero risultati quantitativamente molto interessanti anche con riguardo a quelle due “assai semplici” detrazioni al 90% e 50%.

Il “non senso assoluto” di tutto questo sta nel fatto che il legislatore, quando si tratta di riconoscere crediti di imposta, che risultano da dichiarazioni fiscali annuali e che possono essere utilizzati dal contribuente solo in compensazione con i suoi debiti tributari e contributivi, pone l’obbligo di un visto di conformità non appena il credito che si intende usare in compensazione supera la modesta soglia di 5.000 euro.

Qui, invece, a fronte di crediti che possono essere addirittura scontati in banca (non solo usati in compensazione) non chiede, superbonus a parte, alcun visto di conformità quale che sia l’ammontare del credito di imposta “commerciabile” che viene creato nel cassetto fiscale del fornitore o cessionario che esercita l’opzione insieme al beneficiario.

Il ragionamento vale ovviamente con riguardo alla generalità dei crediti di imposta “commerciabili” (si pensi, ad esempio, a quello spettante a titolo di super ACE 2021), ma sarebbe già qualcosa riportare a razionalità il sistema di misure poste a tutela degli interessi erariali con riguardo intanto ai bonus “edilizi”, in occasione della loro auspicabile proroga generalizzata.

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