Nella bancarotta per distrazione occorre rappresentarsi il pericolo di danno per i creditori
La Cassazione, nella sentenza n. 45230/2021, ha affermato che, nella fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo generico si presenta come consapevolezza e volontà di determinare, tramite il proprio comportamento distrattivo, un “pericolo di danno per i creditori”.
Il reato in esame punisce non già, indifferentemente e sempre, qualsiasi atto che diminuisca il patrimonio della società, ma quelli che sono idonei a produrre tale effetto in concreto, con esclusione, pertanto, di tutte le operazioni o iniziative di entità minima o comunque particolarmente ridotta e tali, soprattutto se isolate o realizzate quando la società era in bonis, da non essere capaci di comportare un’alterazione sensibile della funzione di garanzia del patrimonio; fatti, questi ultimi, che si rivelano in radice – già sotto il profilo dell’elemento oggettivo – non in grado di collocarsi nell’alveo della fraudolenza.
Sovente, peraltro, si presentano situazioni di immediata evidenza dimostrativa della “fraudolenza” del fatto di bancarotta patrimoniale e, dunque, non solo dell’elemento materiale, ma anche del dolo del reato in esame. Ciò in ragione dei più vari fattori, quali, ad esempio, il collocarsi del singolo fatto in una sequenza di condotte di spoliazione dell’impresa poi fallita ovvero in una fase di già conclamata decozione della stessa.
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