Ricicla chi incassa assegni derivanti da una truffa
La Cassazione, nella sentenza n. 7258/2023, ha precisato che l’incasso e la conseguente monetizzazione di assegni provenienti da attività truffaldine costituisce una condotta idonea a perfezionare gli elementi costitutivi del reato di riciclaggio, ex art. 648-bis c.p., in quanto, per tal via, si rende più arduo l’accertamento della loro provenienza delittuosa.
Dalla lettera della citata norma, infatti, che parla di “ostacolare”, cosi come dall’elaborazione giurisprudenziale in materia, emerge come integri il reato in questione il compimento di operazioni volte non solo a impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficoltoso l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità.
Neppure, quindi, rileva il fatto che le operazioni realizzate siano tracciabili, in quanto l’obiettivo illecito ben può essere realizzato anche attraverso condotte che non escludono l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene, dal momento che queste ultime evenienze non costituiscono l’evento del reato.
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