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Non ammesso il rimborso se il curatore non ha versato l’IVA per il fallito

/ REDAZIONE

Venerdì, 15 settembre 2023

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Con l’ordinanza n. 26502 depositata ieri, la Corte di Cassazione si è pronunciata in senso negativo rispetto alla possibilità di rimborso dell’IVA da parte del curatore del cedente fallito, qualora questi, anteriormente all’apertura della procedura, non abbia versato l’IVA esposta in fatture rimaste insolute e intenda chiedere a rimborso l’imposta, a seguito del fallimento del cessionario, per effetto delle note di variazione ex art. 26 del DPR 633/72.

In tali casi, infatti, secondo la Corte, il credito IVA è inesistente, in quanto relativo a un’imposta non versata, mentre il rimborso è concesso solo se l’IVA “a monte” è stata versata e, quindi, solamente laddove non sussista un pericolo di danno per l’Erario (Cass. 30 settembre 2021 n. 26515, Cass. 30 settembre 2020 n. 20843 e Cass. 12 marzo 2020 n. 7080).

Non può discutersi neppure di scissione tra debito IVA sorto anteriormente al fallimento (all’esito dell’emissione delle fatture) e credito sorto in pendenza di procedura (con la nota di variazione del curatore del cedente). La variazione IVA riguarda, nella specie, un’operazione verificatasi prima del fallimento del cedente, rilevando soltanto il fatto genetico dell’obbligazione (Cass. 29 maggio 2019 n. 14620, Cass. 7 giugno 2013 n. 14418, Cass. 31 agosto 2010 n. 18915 e Cass. 27 aprile 2010 n. 10025).

Non si tratta, quindi, di compensare un credito nascente prima della dichiarazione di fallimento con un credito sorto successivamente – operazione peraltro non consentita – poiché in tali casi non esiste un credito IVA anteriore al fallimento, non essendo versata inizialmente l’imposta.

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