Il compenso dell’avvocato si pattuisce per iscritto a pena di nullità
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 34301/2023, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 2233 comma 3 c.c., l’accordo concluso tra l’avvocato e il cliente, avente a oggetto la determinazione del compenso professionale del primo, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, a pena di nullità.
Non può ritenersi, infatti, che tale disposizione sia stata tacitamente abrogata per effetto della disciplina introdotta dall’art. 13 comma 2 della L. 247/2012 che, nell’innovare il solo profilo del momento della stipula dell’accordo, di regola individuato nella data di conferimento dell’incarico, non ha inciso sul requisito della forma scritta.
Alla luce di ciò, l’accordo sugli onorari del difensore non può ritenersi raggiunto ove manchi una chiara esteriorizzazione, per iscritto, della comune volontà delle parti a esso riferita.
Di conseguenza, precisa ancora la Cassazione, non sono sufficienti a integrare il requisito della forma scritta ad substantiam la predisposizione di una bozza di accordo sul compenso o la fattura per il pagamento del compenso stesso.
Per contro, sarebbero idonei a tal fine:
- documenti separati, qualificabili come proposta e accettazione e sottoscritti singolarmente da ciascuna parte;
- oppure la sottoscrizione per accettazione, da parte di un contraente, del documento, disciplinante gli aspetti economici del mandato professionale, predisposto dall’altro.
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