Vuoto di tutela contro l’inerzia della Riscossione
Rimane l’istanza al Garante del contribuente
L’Agente della Riscossione è il soggetto al quale l’ordinamento demanda il compito di riscuotere le entrate “nazionali”, quindi, su tutti, i tributi amministrati dalle Agenzie fiscali e i contributi previdenziali amministrati dall’INPS.
Si possono tuttavia verificare, a seguito di richieste da parte dei contribuenti, situazioni di stallo dovute all’inerzia degli Uffici.
A livello generale, è prevista la possibilità di ricorrere contro il rifiuto tacito alla domanda di rimborso (art. 19 del DLgs. 546/92), che si forma decorsi novanta giorni dalla presentazione dell’istanza ad opera del contribuente. Successivamente alla formazione del silenzio-rifiuto, il contribuente può proporre ricorso entro il termine di prescrizione (art. 21 del DLgs. 546/92), che decorre dallo spirare del novantesimo giorno dalla domanda di rimborso (Cass. 22 gennaio 2018 n. 1543).
Esiste, a seguito delle modifiche apportate dal DLgs. 219/2023, anche la possibilità di ricorrere contro il silenzio-rifiuto formatosi a seguito di domanda di autotutela, solo, però, se si tratta di autotutela obbligatoria ovvero rientrante nelle casistiche di cui all’art. 10-quater della L. 212/2000.
Ci sono tuttavia dei casi in cui i rimedi appena richiamati non possono essere utilizzati e, al contempo, non si vuole o non si può attendere il successivo atto impositivo per poter avere tutela, senza contare che in alcune situazioni il successivo atto impositivo potrebbe anche non esserci mai.
I casi possono essere i più disparati.
Si pensi, ad esempio, ai ritardi nella cancellazione del pignoramento delle somme sul conto corrente (art. 19 comma 1-quater del DPR 602/73), alla mancata risposta alle richieste di rateizzazione dei debiti tributari o, in special modo, al caso del credito tributario la cui prescrizione maturi successivamente all’intimazione ad adempiere (art. 50 del DPR 602/73), non seguita da nessun atto successivo autonomamente impugnabile (fermo, ipoteca) né dal pignoramento.
Una soluzione potrebbe essere quella di adire, una volta esauriti i canali “ordinari” (PEC, appuntamento presso gli sportelli, videochiamata), il Garante del contribuente, un organo monocratico che ha la funzione di raccogliere le segnalazioni dei cittadini relative a disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi anomale o qualsiasi altra condotta tale da incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione finanziaria.
Il Garante può stimolare il potere di autotutela, quindi, su istanza del contribuente alla quale segue una risposta non soddisfacente dell’ente creditore, egli potrebbe stimolare l’autotutela invitando, ad esempio, a disporre lo sgravio di carichi di ruolo ormai prescritti. La presenza di carichi di ruolo può comportare, anche in ottica futura, una serie indefinita di effetti pregiudizievoli, per cui se la prescrizione è maturata (quindi, in primis, in assenza di atti interruttivi) è opportuno che ci sia lo sgravio.
In linea astratta si è ragionato, giungendo ad escluderlo, il rimedio previsto all’art. 31 del DLgs. 104/2010, che disciplina il ricorso avverso il silenzio-inadempimento.
In un caso affrontato dal TAR Napoli 25 ottobre 2024 n. 5697, per esempio, un contribuente agiva contro il silenzio serbato dall’Agenzia delle Entrate sull’istanza volta all’ottenimento di misure atte a sbloccare la circolazione dei crediti di imposta derivanti da bonus edilizi.
Questo non è stato ritenuto uno strumento adatto in quanto può essere utilizzato (avvalendosi della dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo propria del diritto amministrativo) solo quando l’obbligo di provvedere implichi l’esercizio di una potestà autoritativa e vada ad incidere su posizioni di interesse legittimo.
Un altro caso potrebbe essere il mancato rilascio del certificato dei carichi fiscali pendenti, che in tema di cessione di azienda ha l’effetto liberatorio di cui all’art. 14 del DLgs. 472/97.
A fronte del mancato rilascio non sussiste nessun atto impugnabile, se non un formale diniego espresso che, a ben vedere, potrebbe anche non esserci. In questo caso va attribuita tutela, sebbene non esista un atto impugnabile formalmente inteso.
L’unico modo per salvaguardare la tenuta costituzionale del sistema consiste nell’ammettere, anche nel processo tributario, l’azione di accertamento negativo, in situazioni ovviamente circoscritte come quelle indicate.
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