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Per la falcidia nel concordato fallimentare si guarda alla perizia di stima

La relazione del professionista è funzionale anche al voto

/ Antonio NICOTRA

Mercoledì, 21 maggio 2025

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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13331 del 19 maggio 2025, in relazione ad una fattispecie relativa al concordato fallimentare, si è soffermata sulla problematica relativa alla necessità, in presenza di un patto para concordatario – con il quale i creditori ipotecari accettavano un pagamento parziale del credito – della perizia ex art. 124 del RD 267/42 e sulle conseguenze della sua omissione.

In termini generali, la giurisprudenza che si è occupata del tema (Cass. n. 22045/2016) propende per l’irrilevanza della relazione del professionista designato dal tribunale quando la proposta preveda l’integrale pagamento del credito privilegiato, anche con semplice dilazione, sul presupposto che, in questo caso, la misura del soddisfacimento non è legata al valore di mercato dei beni o dei diritti suscettibili di liquidazione, ma solo all’incidenza economica del decorso del tempo (il ritardo nell’adempimento) sul credito.

Il principio richiamato pone la – diversa, ma collegata – questione se, in assenza di integrale soddisfazione, ove la misura del soddisfacimento sia legata al valore di mercato dei beni o dei diritti suscettibili di liquidazione (ipotesi che ricorre nel caso di specie), sia necessaria la presenza della perizia di stima di cui all’art. 124 del RD 267/42.

L’art. 124 comma 3 del RD 267/42 stabilisce che il trattamento “falcidiato” dei creditori privilegiati ed ipotecari “non può essere inferiore alla misura realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione giurata di un professionista” in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 comma 3 lett. d,) designato dal tribunale.

Tale stima non può ridursi al “valore di mercato”, che non coincide con il “ricavato in caso di liquidazione”, ma costituisce un termine di riferimento per la determinazione di quanto sarebbe possibile ricavare dalla vendita coattiva fallimentare, utile ad orientare le valutazioni spettanti ai creditori, in sede di approvazione del concordato, e al giudice, in sede di omologazione, in ordine alle concrete possibilità di soddisfazione dei crediti in questione (Cass. nn. 16738/2011 e 24359/2013).

Riportando le osservazioni della Procura generale, si precisa come la stima contenuta nella relazione giurata ex art. 124 comma 3 del RD 267/42 deve essere certa e precisa, in quanto parametro di riferimento non solo per la valutazione della misura di soddisfazione minima dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta non preveda il pagamento integrale (Cass. n. 22045/2016), a pena di inammissibilità della stessa, ma anche per il calcolo dell’importo per cui il credito prelatizio è ammesso al voto e computato nella maggioranza, con riguardo alla parte che non può essere soddisfatta con il ricavato dalla liquidazione del bene o diritto oggetto di garanzia (art. 127 comma 4 del RD 267/42; Cass. n. 6435/2024).

La relazione giurata del professionista designato dal tribunale è funzionale alla verifica di un valore che consenta di determinare la misura di soddisfazione del credito presumibilmente realizzabile in caso di liquidazione dei beni e dei diritti, quale limite minimo suscettibile di essere previsto nella proposta di concordato (Cass. n. 22045/2016).

Il patto concordatario tra proponente e creditori ipotecari, nel caso di specie, prevedeva l’accettazione di questi ultimi, su base negoziale ed individuale, del degrado al chirografo di una parte del credito ipotecario.
Trattandosi di un diritto disponibile, con riferimento all’interesse primario tutelato dalla norma, tale pattuizione negoziale può legittimamente derogare alla prescrizione di cui all’art. 124.

Tuttavia, la norma, oltre a determinare la misura di soddisfazione del creditore privilegiato o ipotecario, svolge anche una funzione per il calcolo dell’importo per cui il credito prelatizio è ammesso al voto e computato nel calcolo della maggioranza, con riguardo alla parte che non può essere soddisfatta con il ricavato dalla liquidazione del bene o diritto oggetto di garanzia. Ne consegue che tale ultima considerazione potrebbe determinare un interesse degli altri creditori o dello stesso debitore a che vi sia una relazione giurata di un terzo, di un professionista indipendente nominato dal tribunale, ove l’espressione di voto di tali creditori sia stata determinante nella formazione delle maggioranze.

Tale interesse, d’altra parte, non poteva rilevare nel caso di specie, ove la proposta di concordato fallimentare era stata approvata, sia pur con il meccanismo del silenzio assenso, dall’unanimità dei creditori ammessi al voto.
Ricordano, infine, i giudici, come nel giudizio di omologazione del concordato fallimentare, il controllo del tribunale è limitato alla verifica della regolarità formale della procedura e dell’esito della votazione – salvo che non sia prevista la suddivisione dei creditori in classi e alcune di esse risultino dissenzienti – restando escluso ogni controllo sul merito, “a eccezione dell’indagine sull’eventuale abuso dell’istituto” (Cass. n. 24359/2013).

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