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Spetta all’Ufficio la prova sui prezzi di trasferimento

/ REDAZIONE

Mercoledì, 19 gennaio 2022

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In tema di prezzi di trasferimento (art. 110 comma 7 del TUIR) l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare la non conformità del prezzo praticato nella transazione con la controllante estera rispetto a quello di libera concorrenza, ricorrendo ai metodi indicati dall’art. 9 del TUIR e dalle Linee guida OCSE. Lo ha chiarito la Cassazione n. 1374 depositata ieri, 18 gennaio 2022.

Il caso di specie ha ad oggetto l’approvvigionamento di merce, proveniente da fornitori localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata, da parte di una società italiana mediante l’interposizione della società controllante di diritto olandese.
L’ufficio procedeva al recupero della percentuale di ricarico operata dalla società olandese nei confronti della società italiana, ritenendo che lo scopo di tale operazione fosse il trasferimento di imponibile verso Paesi a fiscalità privilegiata, ma senza addurre, a tal fine, alcuna prova idonea a dimostrare che il prezzo praticato non corrispondesse al valore normale.

La sentenza stabilisce che spetta all’Amministrazione finanziaria provare che le transazioni infragruppo, ove avvenute tra soggetti indipendenti in condizioni di mercato comparabili, avrebbero generato un maggior reddito imponibile. Non soddisfa tale onere probatorio il mero richiamo all’eccessiva variabilità dei prezzi unitari e all’applicazione di ricarichi negativi da parte della controllante, dovendo l’ufficio dar prova della non congruità del prezzo mediante ricorso ad una delle metodologie impiegate nell’ambito della disciplina dei prezzi di trasferimento, alla luce delle Linee guida OCSE.

Il contribuente dovrà poi giustificare il discostamento dal valore normale dando contezza delle eventuali ragioni commerciali sottostanti, tra le quali può annoverarsi la posizione assunta dalla società all’interno del gruppo (Corte di Giustizia Ue 31 maggio 2018 causa C-382/16).

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