L’errore dell’ufficio non compromette la voluntary disclosure
Nel caso esaminato dalla Cassazione in sede di invito a comparire era stata conteggiata un’IVA non dovuta
Il principio della leale collaborazione e della buona fede, sancito dall’art. 10 della L. 212/2000, non è confinato alle ipotesi previste dal secondo comma e, avendo portata generale, serve anche a correggere gli errori compiuti dall’Amministrazione finanziaria in sede di liquidazione delle imposte in occasione degli inviti a comparire.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione in occasione dell’ordinanza n. 7169 depositata il 18 marzo 2025.
Una società aveva presentato domanda di accesso alla procedura di voluntary disclosure di cui all’art. 1 della legge n. 186/2014. A seguito dell’accoglimento della domanda, si era vista recapitare quattro inviti a comparire ex art. 5 del DLgs. 218/97 nei quali erano indicati, per ciascuna annualità, le imposte dovute a titolo IRES, IRAP e IVA.
Aderire alla procedura (e a quanto indicato negli inviti) comportava una riduzione delle sanzioni a 1/6 del minimo edittale. Tuttavia la società, operando nel campo dell’editoria aveva posto in essere operazioni fuori campo IVA ex art. 74 del DPR 633/72 e di conseguenza quanto indicato negli inviti in relazione all’IVA non era corretto.
Dopo aver segnalato la discrepanza all’Ufficio, per non perdere i benefici connessi versava quanto dovuto a titolo di IRES e IRAP. A questo punto, però, l’Ufficio non considerava perfezionata la procedura avviando il conseguente accertamento con adesione.
L’Amministrazione nel caso di specie ha commesso un errore indicando negli inviti a comparire l’IVA. L’errore era stato tempestivamente segnalato e, oltretutto, era stato poi corretto solo nella successiva fase dell’accertamento con adesione. La procedura di voluntary disclosure, ormai, non poteva più perfezionarsi.
Alla società non è rimasta altra scelta che accettare la proposta di adesione, versare il dovuto e richiedere il rimborso di quanto versato in precedenza nelle more della procedura di voluntary.
La condotta dell’Ufficio, secondo la Cassazione, non è stata guidata dal principio del legittimo affidamento, in violazione di quanto previsto al secondo comma dell’art. 10 della L. 212/2000.
La norma prevede l’esclusione sia delle sanzioni che degli interessi qualora il contribuente si sia uniformato ad indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate, oppure il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione stessa.
Secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, il principio opera nel caso in cui sussistano:
- “un’attività dell’Amministrazione finanziaria idonea a determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente”;
- la conformazione in buona fede alla condotta suggerita;
- una situazione normativa astrattamente idonea a disciplinare la fattispecie (Cass. 10 dicembre 2002 n. 17576, opportunamente richiamata anche dalla pronuncia in commento).
Nell’ordinanza si evidenzia, inoltre, che nonostante la disposizione elenchi delle ipotesi, la tutela non è ancorata a schemi precostituiti e al modello formale della validità/invalidità dell’atto, anzi richiede una declinatoria in concreto in relazione alla diversità delle fattispecie e delle situazioni.
Nel caso di specie, oltretutto, la riduzione delle sanzioni risultava meno vantaggiosa: a 1/6 in caso di accesso alla voluntary disclosure, a 1/3 a seguito del successivo accertamento con adesione.
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