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FISCO

L’interruzione dichiarata per sbaglio priva di effetti la tardiva ripresa del processo

Ordinanza di interruzione non impugnabile

/ Alfio CISSELLO

Martedì, 7 ottobre 2025

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Nel processo tributario, l’interruzione è disciplinata agli artt. 40 e ss. del DLgs. 546/92 e viene dichiarata dal giudice, d’ufficio o su impulso di parte. A seguito dell’interruzione, la parte legittimata e che ne ha interesse (ad esempio, l’erede o i soci “successori” della società cancellata dal Registro delle imprese) deve riprendere il processo depositando apposita istanza entro sei mesi da quando l’interruzione è stata dichiarata, pena l’estinzione del processo. Estinzione che, se si verifica in primo grado o in sede di rinvio determina l’inoppugnabilità dell’atto, mentre se si verifica in secondo grado causa il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Alcune cause di interruzione (liquidazione giudiziale, decesso del difensore) hanno effetto automatico e vanno dichiarate d’ufficio dal giudice. Altre (decesso della parte) presuppongono una dichiarazione del difensore, che valuta in autonomia se palesare o meno l’evento; se non lo palesa, il processo prosegue normalmente sino al termine del grado di giudizio.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 26689/2025, ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel giudizio tributario, l’erronea dichiarazione di interruzione del processo ex art. 40 co. 1 lett. a), del DLgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per la successione a titolo universale dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione ad una società del gruppo «Equitalia» (art. 1 co. 3 del DL 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), non ne comporta l’estinzione per inattività delle parti ex art. 45 del DLgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in caso di inosservanza del termine semestrale per la riassunzione ex art. 43 co. 2 del DLgs. 31 dicembre 1992, n. 546”.
In effetti, di norma le vicende che interessano le Amministrazioni fiscali così come l’Agente della riscossione non danno luogo a fenomeni interruttivi.

Il principio ha comunque valenza generale, valendo in ogni caso in cui l’interruzione è stata dichiarata per errore (si pensi all’interruzione dichiarata nei cinque anni dalla cancellazione della società dal Registro delle imprese, in violazione dell’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014 o, a nostro avviso, all’interruzione dichiarata d’ufficio dal giudice nei casi in cui la scelta di palesare l’evento spetta al solo difensore).
L’interruzione può essere dichiarata con ordinanza collegiale, che, per definizione, non è impugnabile; laddove, di contro, sia dichiarata con decreto presidenziale è ammesso il reclamo nelle forme dell’art. 28 del DLgs. 546/92.

Prudenza impone di affermare che, quand’anche l’interruzione sia dichiarata per errore, la ripresa debba avvenire nei sei mesi, ma se il termine non è rispettato non ci sono effetti negativi: come detto dalla Cassazione alcuna estinzione si può verificare.

Sebbene di ciò la pronuncia non parli, l’atto di ripresa del processo può ritenersi inammissibile se effettuato dal soggetto che, proprio in ragione del carattere errato dell’interruzione, non ha legittimazione (cfr. Cass. 24 luglio 2023 n. 22070 sull’inammissibilità dell’atto di ripresa del processo dei soci della società cancellata, che è ancora in vita per cinque anni da tale momento).

Il problema si pone per la omessa ripresa

Anticipando che comunque è bene riassumere, specie in quanto talvolta può essere controversa la sussistenza dell’evento interruttivo:
- se l’errata interruzione è stata dichiarata in secondo grado, l’errata estinzione che, a cascata, ne deriva è ricorribile in Cassazione che rimetterà il processo in secondo grado (come avvenuto nel caso della pronuncia n. 26689 dello scorso 3 ottobre 2025);
- se l’errata interruzione è stata dichiarata in primo grado, sembra potersi sostenere che il giudice di secondo grado, investito dell’appello sulla (errata) sentenza di estinzione deve esaminare il merito, non rientrando la fattispecie in nessuna delle cause di rimessione della lite in primo grado previste dall’art. 59 del DLgs. 546/92, salvo l’estinzione sia stata dichiarata con decreto e confermata a seguito di reclamo ex art. 28.

Se, nonostante l’interruzione sia errata, nessuno riprende il processo gli scenari possono essere difficili da gestire.
Ove l’atto sia definitivo per effetto dell’estinzione derivante, a sua volta, dalla mancata ripresa del processo, questa può essere rilevata incidentalmente da altro giudice tipicamente in sede di ricorso contro l’atto di riscossione (Cass. 22 febbraio 2025 n. 4706 e 20 aprile 2021 n. 10288), ma in questa sede potrà essere difficile censurare che, a monte, l’interruzione non doveva essere dichiarata. La controparte potrebbe obiettare che, a tal fine, sarebbe stato necessario impugnare la sentenza di estinzione.

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