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Inammissibili 1.600 emendamenti al Ddl. di stabilità, ne restano circa 2.100

/ REDAZIONE

Mercoledì, 12 novembre 2014

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Arriva la prima tagliola sugli emendamenti al Ddl. di stabilità. Gli inammissibili sono 1.600, cifra che abbatte il numero totale delle proposte di modifica a circa 2.100. La seconda, decisa, scrematura arriverà oggi, quando la Commissione Bilancio della Camera limiterà il numero dei “segnalati” a circa 500. I temi su cui si lavorerà saranno quelli più gettonati con gli emendamenti (Tfr in busta paga, tassazione su fondi pensione e Casse previdenziali, bonus mamme, deducibilità IMU degli immobili produttivi, patronati, minimi per gli autonomi), con la consapevolezza che ogni modifica dei saldi deve essere però abbondantemente compensata.

Le coperture sono lo scoglio su cui si infrange gran parte del confronto. Sono, ed esempio, le clausole di salvaguardia che aumentano le accise a scuotere l’Unione Petrolifera, che rilancia il rischio di aumenti della benzina. La mancanza di copertura adeguata, invece, ha fatto scattare la scure su molte proposte, a partire dalla proposta di Maino Marchi e Marco Causi, entrambi del Pd, di riportare l’anticipo del Tfr a una tassazione “separata”, non cumulabile con gli altri imponibili. L’emendamento non era completo del necessario saldo finanziario e come centinaia di altri, compreso quello di Stefano Fassina per estendere l’operazione anche agli statali, è quindi stato cassato. In realtà, un ragionamento sulla tassazione del trattamento di fine rapporto il Governo sembra disposto a farlo, così come sulle aliquote dei fondi pensione, sulle quali si potrebbe scendere dal 20% al 15%, purché le mancate entrate siano compensate con altro gettito.

Tecnicamente, l’Esecutivo non sembra contrario neanche a una possibile revisione del tetto di reddito al “bonus mamme”, oggi a 90.000 euro. Gli emendamenti per un abbassamento sono decine e arrivano da ogni parte politica, ma le risorse liberate, spiegano fonti governative, dovrebbero comunque essere in qualche modo destinate a servizi per l’infanzia, come gli asili nido. Al di là di un puro discorso finanziario, la decisione resta comunque politica. Allo stesso modo, non pare del tutto accantonata l’idea di aumentare la deducibilità IMU degli immobili d’impresa, nella consapevolezza però che ogni aumento di un punto comporta un aggravio di 20 milioni di euro.

In attesa delle segnalazioni della Commissione Bilancio, l’attenzione si sposta intanto sulla nuova clausola di salvaguardia sul reverse charge sulla grande distribuzione che, in assenza del necessario via libera Ue, implica un ulteriore rincaro delle accise sulla benzina. Si tratta di altri 728 milioni, che portano il potenziale sovraccarico fiscale sui carburanti a 1,7 miliardi. Se dovesse scattare, l’anno prossimo si arriverebbe, secondo i calcoli dell’Unione petrolifera, a un aggravio fiscale di 8 centesimi al litro: in pratica, circa 4 euro a pieno di sole tasse per un’auto di media cilindrata.

Il Governo ha sempre assicurato che le clausole saranno neutralizzate, così come successo già per quelle inserite nella manovra dello scorso anno. In questi giorni, il lavoro dell’Esecutivo si concentra piuttosto sulla local tax. L’obiettivo è quello di farla confluire proprio nella legge di stabilità, ma restano ancora nodi essenziali da sciogliere. Il primo riguarda gli immobili di classe D: il gettito dovrebbe passare ai Comuni, che in cambio dovrebbero versare allo Stato le addizionali IRPEF a titolo di compensazione. Si tratta però di un ginepraio di aliquote, visto che ogni amministrazione ha la sua. Difficile stabilirne una intermedia che non crei malcontento tra i Comuni, che si troverebbero improvvisamente a versare a Roma più di quanto incassato finora, rispetto a quelli invece che verserebbero di meno. (Redazione)

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