La Cassazione «inciampa» sull’estinzione delle società di persone
Con la sentenza n. 23029 depositata ieri, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sugli effetti dell’estinzione della società ai fini fiscali, confermando che:
- una volta disposta la cancellazione della società dal Registro delle imprese, questa, a tutti gli effetti, è estinta, dunque gli atti alla stessa intestati sono inesistenti;
- l’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014, secondo cui, ai fini degli atti, tra l’altro, dell’accertamento e del contenzioso di tributi e contributi, la cancellazione è irrilevante per i cinque anni successivi alla relativa richiesta, è norma irretroattiva.
Poi, si ribadisce che, estinta la società, si verifica un fenomeno successorio in capo ai soci, che, ex art. 2495 c.c., rispondono nei limiti di quanto riscosso dal bilancio finale di liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico applicabile.
Ed è qui che la Cassazione sembra non tenere conto che, nella specie, si trattava di accertamento del maggior reddito a carico di una società di persone, ove vige la trasparenza fiscale.
Non ha nessun rilievo, quindi, l’art. 2495 c.c., perché il debito è proprio dei soci, e la cancellazione non lo fa venire meno.
Di certo, è profondamente errato quanto detto dal giudice di merito, ovvero che, per effetto dell’estinzione della società, di fatto l’accertamento è divenuto incontestabile in quanto al tempo non era stato impugnato.
Ad ogni modo, visto che si tratta di imposte dei soci imputate per trasparenza, in parte qua la cancellazione è evento irrilevante: i soci possono, a livello generale, contestare il maggior reddito sotto ogni profilo, mentre è ovviamente da escludere il litisconsorzio necessario con la società.
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