Impugnazione del licenziamento anche con l’azione di repressione della condotta antisindacale
L’esercizio dell’azione sindacale ai sensi dell’art. 28 della L. 300/1970 (c.d. “Statuto dei Lavoratori) in relazione al licenziamento del dipendente, per la rimozione degli effetti ad esso connessi, e quindi con richiesta di ripristino del rapporto di lavoro, è idoneo – se tempestivo – a spiegare anche l’effetto impeditivo della decadenza stabilita dall’art. 6, comma 1 della L. 604/1966 ai fini dell’impugnazione del recesso. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 14212, depositata ieri.
Nella specie, i giudici di merito avevano ritenuto tardiva l’impugnazione del licenziamento sul presupposto che, ai fini della tempestività dell’impugnativa, non avesse avuto alcun rilievo l’azione di repressione della condotta antisindacale proposta dal sindacato in relazione al medesimo atto di recesso. In particolare, secondo la Corte d’Appello territoriale, si sarebbe trattato di un’azione autonoma e posta a tutela di interessi diversi, inoltre il lavoratore non aveva spiegato intervento adesivo nel processo attivato dal sindacato, né conferito a quest’ultimo una procura speciale per la tutela anche dell’interesse individuale.
Tale valutazione è stata cassata dalla Suprema Corte, la quale, concludendo nel senso opposto, ha in particolare osservato che:
- l’azione ex art. 28 della L. 300/1970, attivata tempestivamente, in relazione a un recesso individuale, realizza la finalità della disposizione che disciplina la modalità di impugnazione del licenziamento (art. 6, comma 1 della L. 604/1966), contrastando il compimento dell’atto datoriale di risoluzione del rapporto di lavoro;
- la formula con cui l’art. 6, comma 1 della L. 604/1966 stabilisce l’equiparazione del sindacato al lavoratore, ai fini dell’impugnazione del recesso, è di tale ampiezza da dover ricomprendere l’ipotesi tipica di iniziativa sindacale quale è quella dell’art. 28 citato.
Resta salva la necessità per il lavoratore di proseguire, in via autonoma, l’azione individuale nelle forme di legge, depositando il ricorso giudiziale o comunicando alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato nel termine di decadenza di 180 giorni (art. 6, comma 2 della L. 604/1966).
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