Serve la domanda di rimborso per la restituzione degli importi da giudicato
Con la sentenza n. 27408 depositata ieri, la Cassazione ribadisce un orientamento, diverse volte criticato, in base al quale il contribuente, ottenuta una sentenza che annulla l’atto impositivo, deve, per ottenere la restituzione degli importi che ha già pagato in ragione dell’art. 68 del DLgs. 546/92, presentare istanza di rimborso e impugnare l’eventuale diniego.
Non si può adire il giudice direttamente per la restituzione.
Sorge spontaneo, come evidenziato da più parti, chiedersi, allora, a cosa serva il giudizio di ottemperanza. L’obbligo di restituzione degli importi, in ogni caso (nella specie si trattava di imposta di successione) è un effetto legale della sentenza, e, per essere attuato, è stato introdotto l’istituto del giudizio di ottemperanza. Imporre al contribuente la presentazione di una domanda di rimborso, oltre a moltiplicare i processi e a contrastare con l’art. 111 della Costituzione, trasforma in impugnatorio un processo che tale non è, o meglio, che tale non è più.
A conforto di quanto appena detto, la stessa Cassazione di ieri sancisce che il rimborso va domandato entro l’ordinaria prescrizione decennale (e non entro i termini previsti dalla legge d’imposta), che decorre dal giudicato (o dal deposito della sentenza, aggiungiamo noi) e non dai novanta giorni dalla notifica della sentenza, adempimento prescritto dall’art. 68 del DLgs. 546/92 a favore dell’Erario, che segna solo il dies a quo per l’adempimento stesso.
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