Solo una clausola statutaria chiara consente di non risarcire la revoca senza giusta causa
La Cassazione, nell’ordinanza n. 4586 depositata ieri, ha precisato che la clausola statutaria di una srl in base alla quale gli amministratori durano in carica 5 anni, sono rinnovabili e l’assemblea ha la facoltà in qualunque tempo di sostituire al CdA un amministratore unico e a quest’ultimo un CdA non può essere interpretata – facendo leva sul fatto che non è discutibile il principio generale della revocabilità dell’amministratore anche a tempo determinato stante la natura fiduciaria del rapporto – nel senso di consentire alla società la revoca prima del termine senza incorrere nelle conseguenze risarcitorie che l’ordinamento prevede a carico del recedente nel caso di anticipata cessazione del rapporto.
Infatti, alla luce delle regole sulla interpretazione del contratto – applicabili anche agli statuti delle società – la ricostruzione prospettata viola:
- l’art. 1362 c.c., trascurando la lettera della clausola, la quale attiene al cambio di struttura nella gestione e non riguarda la revoca degli amministratori;
- l’art. 1367 c.c., secondo cui la norma non legittima una lettura antiletterale solo per far sì che la clausola non sia meramente ripetitiva di una disposizione di legge;
- l’art. 1725 comma 1 c.c., comunque applicabile, essendo pur sempre il rapporto di amministrazione riconducibile al mandato. Ragione per cui, se la revoca avviene senza giusta causa è dovuto il risarcimento del danno. Regola certamente derogabile dall’autonomia privata, ma a condizione che si individui, senza vizi di violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, un negozio idoneo allo scopo.