ETS esenti dall’imposta di successione non obbligati in solido
La regola valeva anche prima che fosse espressamente sancita dal legislatore
Pochi giorni dopo l’ordinanza (Cass. n. 15547/2025) che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma (art. 17 del DLgs. del 346/90 previgente) che ancorava il valore delle rendite al tasso di interesse senza porre alcun limite (si veda “Rendite vitalizie a rischio illegittimità costituzionale” del 12 giugno 2025), la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15743, depositata il 12 giugno, torna su una vicenda che coinvolge l’imposta di successione, una rendita vitalizia e, inoltre, un erede ente del Terzo settore.
La vicenda testimonia in modo evidente l’effetto paradossale che i coefficienti per il calcolo del valore delle rendite vitalizie, ancorati al tasso di interesse, hanno determinato per le successioni apertesi negli anni tra il 2014 e il 2021, quando il tasso di interesse legale si è attestato tra l’1% e lo 0,01%.
Il caso di specie riguarda la successione di una donna, apertasi nel 2015 (quando il tasso di interesse legale era pari allo 0,5% ex DM 11 dicembre 2014).
Nel testamento, la defunta aveva indicato come erede l’AISM (Associazione italiana sclerosi multipla) e disposto un legato nei confronti della badante che si era occupata di lei negli ultimi anni di vita. Il legato era costituito da una rendita vitalizia, pari a 1.000 euro mensili, che l’erede era tenuta a versarle.
Sotto il profilo fiscale, va rilevato che il trasferimento a titolo di eredità ricevuto dall’Associazione andava esente dall’imposta di successione ai sensi dell’art. 3 comma 1 del DLgs. 346/90. Infatti, AISM è un’associazione di promozione sociale (APS) nonché ente del Terzo settore (ETS) e l’art. 3 comma 1 del DLgs. 346/90 esenta da imposizione, tra il resto, i trasferimenti a favore “di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità”.
L’imposta di successione restava, però, dovuta sul legato avente ad oggetto la rendita vitalizia, il cui valore, applicando i coefficienti operanti nel 2015 (DM 22 dicembre 2014) doveva essere calcolato con la seguente formula: 12.000 euro (valore annuale della rendita) x 120 (coefficiente per beneficiario di età compresa tra 57 e 60 anni) = 1 milione e 440 mila euro.
L’imposta sul legato ammontava, quindi (applicando l’aliquota dell’8%, prevista per i soggetti non legati da vincoli di parentela o affinità col defunto) a 115.200 euro.
Il tributo successorio, nell’ammontare sopra indicato, veniva richiesto dall’Amministrazione finanziaria, in via solidale all’erede ed alla legataria, in applicazione dell’art. 36 comma 1 del DLgs. 346/90 che sancisce: “Gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari”.
Nel corso del giudizio tributario che seguiva:
- da un lato, veniva contestata la legittimità della quantificazione del valore della rendita, che assumeva un valore abnorme, che sarebbe risultato proporzionato solo ipotizzando che la legataria potesse vivere altri 120 anni (presupposto impossibile, tenuto conto che la beneficiaria aveva circa 60 anni);
- dall’altro, sotto il profilo soggettivo, l’associazione negava la propria responsabilità solidale.
Sotto il primo profilo, le doglianze dei ricorrenti, accolte dai giudici di merito (che cercavano di rimediare all’iniquità della quantificazione ipotizzando la disapplicazione del DM 22 dicembre 2014 senza, però, proporre una quantificazione alternativa) vengono disattese dalla Corte di Cassazione, la quale evidenzia la necessità che alla disapplicazione segua l’indicazione della corretta rideterminazione dell’imposta dovuta.
Sotto il secondo profilo, invece, la Corte di Cassazione condivide le doglianze dell’Associazione e conclude che (già prima dell’intervento normativo operato dall’art. 7 della L. 104/2024) il regime di responsabilità solidale tra eredi e legatari di cui all’art. 36 comma 1 non potesse applicarsi ove l’erede fosse esente da imposizione a norma dell’art. 3 del DLgs. 346/90 (o 82 del DLgs. 117/2017).
Diversamente opinando, infatti, la responsabilità solidale vanificherebbe l’esenzione prevista dall’art. 3 del DLgs. 346/90 “contraddicendo la ratio legis di preservare tale categoria di beneficiari dall’incidenza a qualsiasi titolo della pretesa impositiva”.
Questa conclusione – aggiunge la Corte di Cassazione – è confermata dal fatto che il legislatore, con l’art. 7 della L. 104/2024, abbia sentito la necessità di inserire il comma 5-bis nell’art. 36 del DLgs. 346/90, a norma del quale la responsabilità solidale “non si applica ai beneficiari di trasferimenti non soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecaria e catastale” ex art. 3 DLgs. 346/90 o 82 del DLgs. 117/2017.
L’art. 7 della L. 104/2024 (di portata certamente irretroattiva) “pur essendo entrato in vigore soltanto dal 3 ottobre 2024, [...] si è limitato a tradurre ed esplicare in una specifica norma di legge un principio già immanente nella disciplina” previgente.
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