Terzo settore con passaggio soft alla sfera non commerciale
I plusvalori restano sospesi se i beni sono impiegati nell’attività statutaria
Lo schema di decreto legislativo in materia di Terzo settore, crisi di impresa, sport e IVA, approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 luglio scorso, dà attuazione alla legge delega per la riforma fiscale disciplinando, mediante l’introduzione del nuovo art. 79-bis nel DLgs. 117/2017, un regime speciale per il passaggio dei beni strumentali dall’attività commerciale a quella non commerciale per effetto del mutamento della qualificazione fiscale delle attività esercitate, in conseguenza del transito dal 2026 dalla disciplina del TUIR a quella tributaria del Codice del Terzo settore (art. 6 comma 1 lett. g della L. 111/2023).
Come era stato precisato nella Relazione illustrativa al Ddl. di delega fiscale, l’intento è quello di mitigare gli effetti che si produrrebbero con la fuoriuscita dei beni dal regime d’impresa. Per effetto dell’operatività a regime del Titolo X del Codice del Terzo settore, infatti, l’applicazione dei criteri dell’art. 79 per la definizione, da un lato, della natura commerciale o meno delle attività di interesse generale (con un margine positivo entro il 6% per non oltre tre esercizi consecutivi) e, dall’altro lato, dell’ente nel suo complesso (secondo un criterio di prevalenza delle entrate commerciali) potrebbero determinare un mutamento della qualifica fiscale dell’ente, da commerciale a non commerciale.
Secondo i criteri generali, il passaggio di un bene dalla sfera imprenditoriale a quella istituzionale costituisce una destinazione del bene a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa; tale fattispecie è suscettibile di dare origine a una plusvalenza tassabile ai sensi degli artt. 58 comma 3 e 86 comma 1 lett. c) del TUIR (R.M. n. 1020/83 e ris. Agenzia delle Entrate n. 96/2006). Ciò si verifica anche con il mutamento di qualifica derivante dall’applicazione di diversi criteri normativi, in assenza di cessione dei beni o di cambiamenti nella struttura degli enti.
La medesima finalità era stata perseguita con l’art. 9 del DLgs. 460/97, che aveva riconosciuto la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva sui plusvalori latenti dei beni impiegati nelle attività commerciali degli enti trasformate in “non commerciali” in conseguenza della disciplina in tema di ONLUS.
In tale ottica, con il nuovo art. 79-bis del Codice del Terzo settore, sarà possibile optare nella dichiarazione dei redditi per la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile della plusvalenza, a condizione e fintantoché i beni siano utilizzati dall’ente per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Lo stato di sospensione della plusvalenza viene meno quando i beni sono destinati dall’ente ad altre finalità diverse, oppure in caso di loro cessione a titolo oneroso o in caso di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni.
In caso di destinazione a finalità diverse da quelle civiche, solidaristiche e di utilità sociale, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni e il costo non ammortizzato all’atto del passaggio. In caso di cessione o di risarcimento, la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato del bene.
La plusvalenza così determinata concorre a formare il reddito, a scelta dell’ente, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è realizzata oppure, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto.
La disciplina recata dall’art. 79-bis si applica agli enti religiosi limitatamente ai beni inclusi nel patrimonio destinato e indicati nel regolamento del ramo ETS.
Con riguardo ai profili relativi alle imposte dirette, lo schema di decreto prevede la riduzione da 130.000 a 85.000 euro del limite entro cui ODV e ASP potranno avvalersi del regime forfetario di cui all’art. 86 del DLgs. 117/2017 per le attività commerciali svolte.
Per gli enti sportivi dilettantistici sono inoltre introdotte modifiche all’art. 1 della L. 398/91 per recepire nel testo della norma l’attuale limite di 400.000 euro per l’accesso e la permanenza nel regime, nonché per esplicitare l’applicabilità del medesimo alle associazioni e alle società (anche cooperative) sportive dilettantistiche di cui all’art. 6 comma 1 lett. a), b) e c) del DLgs. 36/2021. Confermata l’impossibilità di applicare il regime per gli enti del Terzo settore iscritti al RUNTS.
Questi temi saranno approfonditi nel corso della diretta web “Terzo settore e sport dilettantistico: come prepararsi alle nuove regole fiscali”, in programma il 28 luglio.
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