Nuovo stop alla retroattività dei limiti alla responsabilità dei sindaci
Per il Tribunale di Roma si realizzerebbe una palese lesione nell’affidamento di chi ha agito sulla base delle vecchie regole
Il Tribunale di Roma, nell’ordinanza del 19 giugno scorso, ha stabilito che i limiti al risarcimento dei danni imputati ai sindaci, come sanciti dal nuovo secondo comma dell’art. 2407 c.c., non possono essere applicati alle condotte omissive poste in essere anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina (12 aprile 2025) e in relazione alle quali sia pendente un giudizio di responsabilità.
Si tratta di una soluzione che è già stata sostenuta dal Tribunale di Venezia (sentenza dell’11 giugno 2025). Sia il Tribunale di Bari (ordinanza del 24 aprile 2025) che il Tribunale di Palermo (ordinanza del 20 giugno 2025), invece, hanno optato per l’applicazione retroattiva dei tetti al risarcimento dei danni.
Si ricorda che il nuovo secondo comma dell’art. 2407 c.c. stabilisce: “al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell’articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso”.
I Tribunali di Bari e di Palermo – fondandosi su un parallelismo con l’intervento normativo che ha introdotto il nuovo comma 3 dell’art. 2486 c.c., cui la Cassazione ha riconosciuto portata retroattiva (cfr. Cass. nn. 5252/2024 e 8069/2024) – hanno optato per l’applicazione del nuovo secondo comma dell’art. 2407 c.c. anche ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore.
Secondo la decisione in commento, invece, questa soluzione non può essere condivisa, trattandosi di situazioni non perfettamente sovrapponibili.
La riforma del secondo comma dell’art. 2407 c.c., a differenza di quanto avvenuto con l’inserimento dell’art. 2486 comma 3 c.c., ha natura prettamente sostanziale, introducendo non un diverso criterio di liquidazione del danno, equitativo e alternativo rispetto a quello puntuale (come accaduto, appunto, con quest’ultimo articolo), quanto una vera e propria limitazione, sul piano quantitativo, del diritto stesso vantato nei confronti del sindaco che sia colposamente venuto meno ai doveri dei quali era gravato.
Non si è in presenza di un diverso criterio di quantificazione dell’intero danno conseguenza, bensì di un limite alla risarcibilità del danno stesso; limite destinato a operare in un momento logicamente successivo a quello della sua liquidazione e soltanto nei casi in cui – con esclusione del danno causato dolosamente dai sindaci – lo stesso ecceda detto limite.
La natura sostanziale della disposizione, in pratica, deriverebbe dalla sua diretta incidenza sul diritto al risarcimento del danno riconosciuto alla società (e non sul mero criterio di liquidazione dello stesso), limitandolo sul piano quantitativo.
D’altronde, proseguono i giudici romani, in questo senso deporrebbe anche la giurisprudenza intervenuta sugli artt. 7 comma 3 e 9 comma 5 della L. 24/2017 (c.d. legge Gelli-Bianco), a mezzo dei quali, rispettivamente, era stata qualificata come extracontrattuale la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria che non avesse assunto un’obbligazione contrattuale con il paziente (art. 7 comma 3) ed era stato stabilito che l’importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all’art. 1916 comma 1 c.c., per singolo evento, in caso di colpa grave, non potesse superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo (art. 9 comma 5).
Peraltro, in relazione alle citate disposizioni, si richiama la Cassazione n. 28994/2019, che, tuttavia, sembrerebbe affermare la irretroattività solo con riguardo alla qualificazione legislativa del rapporto giuridico, rilevando, relativamente a tale profilo, come, “ai sensi dell’art. 11 preleggi, la legge non ha effetto che per l’avvenire, per cui la sua retroattività deve essere esplicitamente prevista dalla nuova legge, ovvero deve trovare indici sicuri che ne consentano di postularla con certezza ... Si configura, viceversa, come indice inequivocabilmente contrario alla retroattività la circostanza che un siffatto intervento legislativo verrebbe ad interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo così inammissibilmente ad incidere, seppur indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell’affidamento di chi ha intrapreso un’azione giudiziaria ...”.
La precisazione circa l’irretroattività della disciplina del quantum ex art. 9 comma 5 della L. 24/2017, invece, appare ravvisabile solo in un obiter dictum della sentenza n. 194/2022 Corte dei Conti Sez. Giur. Calabria.
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