In sede di contestazione disciplinare il datore non è obbligato a esibire le prove dell’addebito
Con la sentenza n. 23408 di ieri, la Corte di Cassazione ha affrontato il ricorso di un dipendente, licenziato in seguito a una contestazione disciplinare per aver fatto concorrenza sleale ai danni dell’azienda datrice di lavoro.
Nella specie, grazie a una serie di messaggi di posta elettronica, era emerso che il lavoratore aveva costituito, assieme alla moglie, una ditta individuale che commercializzava, a un prezzo inferiore, gli stessi prodotti della società datrice di lavoro, avvalendosi della rete di agenti che coordinava in qualità di dipendente.
Perché il licenziamento potesse dirsi legittimo, secondo il lavoratore, il datore di lavoro avrebbe dovuto consentirgli di prendere visione del fascicolo contenente le email su cui si fondavano gli addebiti già in sede di contestazione disciplinare, mentre tale documentazione era stata prodotta soltanto in sede di costituzione in giudizio.
Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui “l’art. 7 della L. 300/70 non prevede, nell’ambito del procedimento disciplinare, l’obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere, nel corso del giudizio ordinario di impugnazione del licenziamento irrogato all’esito del procedimento suddetto, l’ordine di esibizione della documentazione stessa”.
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