Per il calcolo delle differenze retributive vanno detratte le somme effettivamente corrisposte
Con la sentenza n. 13164, depositata ieri, la Cassazione è intervenuta su un caso in cui era controversa la modalità di calcolo delle differenze retributive rivendicate in giudizio.
Nella specie, il giudice di primo grado aveva eseguito il calcolo in esame detraendo dalle somme lorde spettanti alla lavoratrice il netto delle somme dalla stessa percepite. Tale decisione era stata riformata sul punto dalla Corte d’Appello, avendo questa ritenuto che così si sarebbe effettuata un’operazione su dati non omogenei e che pertanto, ai fini del calcolo, occorresse “lordizzare” le somme percepite dalla lavoratrice.
La Suprema Corte ha cassato (con rinvio) la decisione del giudice di secondo grado, ritenendo di aderire al consolidato orientamento citato in motivazione, secondo cui “in sede di accertamento contabile delle differenze retributive spettanti ad un lavoratore, dalle somme lorde che spettano allo stesso devono essere detratte le somme corrisposte dal datore nel loro concreto ed effettivo importo, a nulla rilevando che il datore non abbia operato le ritenute previdenziali e fiscali prescritte”.
Riguardo alla dedotta disomogeneità tra i dati relativi agli importi dovuti e quelli relativi ai compensi corrisposti, li giudici di legittimità hanno in particolare osservato che, nella fattispecie concreta, i datori di lavoro non avevano dedotto di aver operato le dovute trattenute contributive ed erariali; per tale ragione, le somme effettivamente corrisposte alla lavoratrice non potevano essere considerate “al netto di alcunché”, rappresentando, quindi, l’importo lordo corrisposto.
La Suprema Corte ha concluso statuendo che la lavoratrice avesse “diritto alle differenze retributive calcolate al lordo di ogni ritenuta, mentre il meccanismo di prelievo delle ritenute e l’incidenza di esse sulle parti del rapporto di lavoro opera solo al momento del pagamento del credito”.
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