Il Sindacato italiano commercialisti contro la riforma fiscale
In vista dell’incontro del prossimo 7 ottobre al Ministero dell’Economia, il Sindacato italiano commercialisti (SIC) esprime la propria netta contrarietà, sia nel merito sia in termini di tempistica, sulla riforma fiscale annunciata nelle scorse settimane da diversi componenti dell’Esecutivo e dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini.
“Spingendo sull’utilizzo sempre più diffuso del principio di cassa – spiega l’associazione guidata da Stefano Sfrappa –, si andrà a relegare il principio cardine della competenza economica del nostro ordinamento giuridico e dell’economia aziendale ai soli soggetti passivi dell’IRES. Questo nel convincimento ormai diffuso che soltanto tassando i flussi finanziari si possa semplificare il sistema”.
A ciò si aggiunge la possibilità di “considerare integralmente deducibili gli investimenti in beni strumentali, rendendo il principio di cassa «puro» per imprese individuali e società di persone, in quanto si ritiene che incentiverà le imprese a fare investimenti (subito deducibili dal reddito), ma senza fare alcun cenno alla possibilità di riporto delle perdite che tale meccanismo provocherà nei periodi immediatamente successivi a quelli dell’investimento e senza fornire stime della possibile caduta di gettito tributario che si potrebbe ingenerare”.
Non convince nemmeno l’introduzione della tassazione su base mensile, con conseguente eliminazione del sistema di pagamento tramite acconti e saldi. Non solo perché questo “anticiperà il momento del prelievo tributario, aggravando le già precarie condizioni finanziarie delle nostre imprese”, ma anche perché costringerà i commercialisti a “12 mini dichiarazioni fiscali più una dichiarazione riepilogativa annuale”.
“Crediamo – continua il SIC – che spacciare tutto questo per semplificazione sia un insulto alla nostra cultura professionale e alle nostre intelligenze”. Secondo l’associazione, in questo momento “il focus dovrebbe essere sul sostegno economico alle imprese” e non sulla riforma fiscale, che “non può nascere in modo estemporaneo, dettata dai burocrati di turno e magari approvata a colpi di fiducia dal Parlamento”.
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