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Non versare il PREU sui giochi è peculato

/ REDAZIONE

Venerdì, 2 ottobre 2020

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Le Sezioni Unite penali della Cassazione, con una decisione resa nota nella forma dell’informazione provvisoria, hanno stabilito che il mancato riversamento, da parte del gestore o del concessionario, del prelievo erariale unico (PREU) maturato dagli apparecchi da gioco con vincite in denaro (slot machines) costituisce peculato ex art. 314 c.p.
Tale soluzione era stata accolta da talune pronunce della Cassazione (cfr. Cass. n. 35373/2008).

La stessa, peraltro, era stata contraddetta dalla Cassazione n. 21318/2018, secondo la quale l’amministratore di una società che gestisce apparecchi per le giocate con vincite in denaro, il quale non versi le somme dovute a titolo di PREU all’Amministrazione finanziaria, non commetterebbe il delitto di peculato, bensì, eventualmente, il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato o di frode informatica.

Il denaro incassato all’atto della puntata, e a causa di questa, osservava la Cassazione, avrebbe dovuto ritenersi non immediatamente di proprietà, pro quota, dell’erario, ma interamente della società.

Questo perché la giocata genererebbe un ricavo di impresa sul quale è calcolato l’importo che la società deve corrispondere a titolo di debito tributario; quindi, l’impresa che gestisce il congegno da gioco non incasserebbe neppure in parte il denaro già in quel momento dell’erario, e, di conseguenza, quando non corrisponde le somme dovute a titolo di PREU, non si approprierebbe di una cosa altrui, ma ometterebbe di versare denaro in adempimento di un’obbligazione tributaria.

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