Su quarantene COVID e cause di forza maggiore basta e avanza il buonsenso
La complessità del problema implica che sia impraticabile e assurda una risposta netta
Chiedere è lecito e rispondere è cortesia, ma la legittimità di una domanda non la rende per questo automaticamente opportuna; così come la cortesia c’entra poco con risposte che, una volta fatta la domanda, sono dovute per legge.
Con la nota n. 360117 del 23 novembre 2020, la Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate ha risposto, ad apposita domanda, escludendo che la chiusura di uno studio professionale per quarantena sanitaria possa integrare un’ipotesi di forza maggiore o di evento eccezionale o imprevedibile idonea a legittimare la sospensione o il differimento degli obblighi fiscali e tributari del contribuente che è cliente di quello studio professionale. Una risposta che sta facendo molto discutere, anche dal punto di vista tecnico.
Se la domanda mirava ad ottenere una risposta netta in senso positivo, il destinatario era palesemente sbagliato, perché è evidente che non è nelle possibilità dell’Agenzia delle Entrate normare una fattispecie. Se però l’obiettivo era più semplicemente quello di avere dei ragguagli di massima circa talune situazioni in cui, ferma restando una valutazione caso per caso, si sarebbe potuto ritenere ragionevole ottenere la possibilità di adempiere in ritardo, ma con disapplicazione delle sanzioni (anziché con applicazione delle sanzioni nella misura ridotta comunque assicurata dall’istituto del ravvedimento operoso), ecco allora che è la nettezza della risposta a risultare palesemente irricevibile.
Se infatti non vi è dubbio che è irrealistica (e pure priva di giustificazione) la pretesa che il legittimo impedimento dell’intermediario fiscale possa sempre e comunque giustificare la tardività nell’adempimento da parte del suo cliente, posto che quest’ultimo può in astratto provvedere in proprio o tramite altri intermediari, sarebbe del pari irrealistica (e ingiustificabile) la pretesa che questo possa avvenire anche con riguardo a situazioni in cui, ad esempio, l’intermediario è anche il depositario dei registri contabili e dei documenti fiscali del cliente.
Come si può pensare, infatti, che il contribuente/cliente possa adempiere agli obblighi dichiarativi da solo, oppure rivolgendosi ad altri studi, se lo stato di chiusura per quarantena dello studio professionale che lo assiste non soltanto lo mette nelle condizioni di doversi arrangiare, ma anche lo mette nelle condizioni di non poter recuperare la documentazione necessaria per poter predisporre e presentare nei termini, da solo o con l’aiuto di altri, la dichiarazione che su quei documenti si basa?
È solo un esempio, ma è sufficiente a mettere in luce l’impraticabilità e, quindi, l’assurdità della nettezza di una risposta che avrebbe dovuto essere invece piena zeppa di “sì, ma” e “no, però”, come per altro sono talvolta alcune risposte che l’Agenzia delle Entrate rilascia su questioni più prettamente tecniche ove, ironia della sorte, la nettezza della risposta sarebbe invece assai gradita.
Uno dei motivi della ossessiva produzione di nuove norme in Italia è proprio la mancanza di buonsenso che talvolta caratterizza chi è chiamato ad applicare le norme esistenti. Ed è ovviamente anche il motivo per cui, fino a che quest’ultimo continua a latitare, produrre nuove norme non costituirà la soluzione, ma solo l’aggravamento del problema, perché le norme esistenti applicate senza buonsenso diventano ancor più numerose di prima.
Alla fine, il danno maggiore che questa risposta determina è all’immagine dell’Agenzia delle Entrate stessa, perché trasmette una sensazione di indisponibilità totale a calarsi nei panni di chi, in questo momento storico, non ha come principale problema quello di ottenere la conferma dei buoni pasto anche se sta in smart working.
Una indisponibilità totale che, fortunatamente, non si riscontra nella flessibilità che molti funzionari degli uffici locali stanno dimostrando in questi mesi nella gestione di numerose pratiche e di cui si ha riscontro tanto quanto lo si ha di episodi meno edificanti (anche se, come sempre, la cassa di risonanza di questi ultimi è sempre maggiore di quella che suscitano i primi).
Una indisponibilità totale che poi, se si sopravvive all’ovvio travaso di bile, che legittimamente monta riga dopo riga, e si riesce ad arrivare alla fine della risposta, sembrerebbe per altro essere meno totale di quel che sembra, posto che, come ha tenuto a sottolineare ieri in un pubblico intervento anche il Direttore Ernesto Ruffini, nell’ultimissima riga si legge infine che può appunto verificarsi una “eventuale difficoltà da valutarsi caso per caso”.
Non è il momento di allargare solchi, che già esistono ed è fisiologico esistano, ad ampiezze patologiche tali da rendere impossibile la costruzione di ponti quando la tensione di questo orribile anno sarà superata insieme alle cause sanitarie e alle ricadute economiche che la determinano.
Se poi al buonsenso nelle reazioni di chi legge si accompagnerà il buonsenso di lasciare la penna in mano solo a chi è capace di usarla dalla prima all’ultima riga (e non solo nell’ultima), si potrà persino avere motivo di coltivare un flebile ottimismo.
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