Soggetti a IRPEF i rimborsi spese di accesso per i medici ambulatoriali
Con l’ordinanza n. 15337/2025, la Corte di Cassazione è tornata sui rimborsi spese di accesso per i medici ambulatoriali, relativi ad attività professionale svolta presso ambulatori esterni al proprio Comune di residenza, confermando la loro imponibilità ai fini IRPEF.
Dando seguito alla sentenza n. 2124 del 22 gennaio 2024 (si veda “Imponibile il tragitto casa-lavoro anche per i medici ambulatoriali” del 23 gennaio 2024), la Corte ha infatti ribadito che il “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfetario dell’indennità chilometrica, è ontologicamente diverso dalle indennità percepite per le trasferte di cui all’art. 51 comma 5 del TUIR. Queste consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in un Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata (spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro).
Le somme in questione non possono quindi essere ricondotte al regime fiscale agevolato delle trasferte di cui all’art. 51 comma 5 del TUIR e di conseguenza – in virtù del principio di onnicomprensività previsto dal comma 1 dell’art. 51 citato – il rimborso spese di accesso deve essere ricompreso tra le somme a qualunque titolo percepite in relazione al rapporto di lavoro dipendente e quindi da assoggettare ad imposizione fiscale.
Tali somme non rientrano nemmeno in ulteriori ipotesi derogatorie del principio di onnicomprensività, tra cui quella prevista dall’art. 51 comma 2, lett. d), del TUIR relativa alle prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti, in quanto la fattispecie in esame riguarda spostamenti “individuali” e non “collettivi”.
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