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FISCO

Per la responsabilità delle beneficiarie non serve l’avviso di accertamento

Dopo la scissione, rispondono con tutto il loro patrimonio anche a seguito di notifica della sola cartella

/ Francesco DE ROSA

Martedì, 7 ottobre 2025

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Nell’ordinanza n. 26784, depositata ieri, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla fondatezza della pretesa dell’Agenzia delle Entrate, esercitata nei confronti di una società beneficiaria di una scissione, per i debiti tributari della scissa, fornendo l’occasione per ritornare sui termini di questa questione, che si presenta in modo ricorrente.

Il primo punto sul quale l’ordinanza si sofferma è la portata della responsabilità della beneficiaria. Per comprendere meglio il tema occorre partire dal criterio generale dettato dall’art. 2506-quater comma 3 c.c. (“Effetti della scissione”), a mente del quale “Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”.

L’inciso “nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto” costituisce il cuore della disposizione. La regola, dunque, è che la società beneficiaria può essere chiamata a rispondere di un debito rimasto in capo alla scissa (e che, prima della scissione, era garantito anche con il suo patrimonio), ma in misura non superiore al patrimonio realmente trasferito, ovvero, in altre parole, senza che elementi patrimoniali a questo estranei debbano essere impiegati per soddisfare, anche solo in parte, un debito antecedente alla scissione e riconducibile a quello che, dopo l’operazione, è a tutti gli effetti un soggetto terzo.

Questa regola generale è da sempre stata disattesa – non senza fondamento, come si dirà a breve – dall’Agenzia delle Entrate, che ha inoltrato avvisi e cartelle di pagamento a tutte le società coinvolte nella scissione, senza tenere conto di alcun limite patrimoniale. Tanto in forza del disposto dell’art. 173 comma 13 del TUIR, secondo cui resta fermo che le società beneficiarie (non destinatarie degli avvisi di accertamento, indirizzati alla scissa) sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie e gli interessi, senza che alcun limite (a differenza della previsione del codice civile) sia menzionato.

Il tema della portata della responsabilità della beneficiaria, sul quale l’ordinanza n. 26784 pure si dilunga, non è in realtà stato oggetto di contestazione da parte della beneficiaria stessa. L’assenza di contestazione, presumibilmente, si deve alla sentenza della Corte Costituzionale 26 aprile 2018 n. 90, che ha di fatto posto fine alla questione, giustificando la responsabilità illimitata delle beneficiarie per debiti tributari alla luce della diversa natura del credito tributario, finalizzato ad attuare al meglio il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione, rispetto ai crediti ordinari.

Il secondo punto, e quello sul quale si incentrava il contenzioso di cui all’ordinanza in commento, aveva ad oggetto la circostanza che l’unico atto mediante il quale la beneficiaria era stata portata a conoscenza della pretesa tributaria fosse la cartella di pagamento, che per sua natura non poteva illustrare in termini esaustivi il fondamento e le ragioni della pretesa.

Qui la Suprema Corte ribalta il giudizio dei primi due gradi (entrambi favorevoli alla ricorrente) affermando che la cartella di pagamento è sufficiente a far comprendere al contribuente i termini della pretesa impositiva, considerando che si tratta di un soggetto a conoscenza della situazione debitoria della società scissa, al quale non è preclusa la possibilità di far valere qualunque argomentazione in sede contenziosa (Cass. nn. 32469/2022, 16710/2019, 31591/2018).

Ciò anche alla luce del già citato art. 173 comma 13 del TUIR, che espressamente prevede la facoltà per le società beneficiarie di prendere cognizione degli atti relativi ai procedimenti che riguardano la società scissa “senza oneri di avvisi o altri adempimenti per l’Amministrazione” (cui, quindi, non poteva essere addebitata la mancata notifica, o la mancata allegazione, dell’avviso di accertamento).

La circostanza che, nel caso specifico, l’avviso di accertamento fosse stato notificato alla scissa ben prima della scissione, e quindi prima della venuta ad esistenza della beneficiaria che ha avviato il contenzioso, non ha avuto nell’ordinanza alcun peso. Sul punto non ci sono elementi sufficienti per comprendere fino in fondo la linea di difesa della beneficiaria, ma sembra di capire che il pensiero della Corte di Cassazione sia che, indipendentemente dalla successione cronologica tra notifica dell’avviso e scissione, la beneficiaria è tenuta a conoscere la situazione debitoria della scissa e non può, quindi, opporre eccezioni fondate sulla mancata conoscenza dell’avviso di accertamento prodromico alla cartella impugnata.

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