La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8825, depositata ieri, ha precisato che la fattispecie di manipolazione del mercato (ex art. 187-ter del DLgs. 58/1998), realizzata mediante la semplice diffusione di una notizia falsa, costituisce illecito di natura istantanea – di mera condotta e di pericolo – che si consuma con la diffusione della notizia stessa, a condizione che essa sia in concreto idonea a influenzare l’andamento del mercato del titolo al quale essa si riferisce. All’epoca dei fatti, l’art. 185 comma 1 del DLgs. 58/1998 puniva con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da ventimila a cinque milioni di euro chiunque diffondesse notizie false o ponesse in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari. Salve tali sanzioni penali, inoltre, ai sensi dell’art. 187-ter del medesimo DLgs., era punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila a cinque milioni di euro chiunque, tramite mezzi di informazione, compreso internet od ogni altro mezzo, diffondesse informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che fornissero o fossero suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari. Nel caso di specie, l’amministratore delegato di una società quotata rendeva noto al mercato, con appositi comunicati stampa del 16 e del 30 aprile 2009, l’impegno della società indirettamente titolare del pacchetto di maggioranza relativa della quotata di sottoscrivere l’eventuale suo aumento di capitale, ove approvato dall’assemblea dei soci entro la fine dell’anno in corso. Con successivo comunicato stampa del 18 giugno 2009 veniva comunicata al mercato l’approvazione dell’aumento di capitale da parte dell’assemblea della quotata; ciò a fronte dell’impegno, da parte della società indirettamente titolare della maggioranza relativa, di versare in conto aumento di capitale la somma necessaria entro sette giorni dalla delibera assembleare. Con ulteriore comunicato stampa del 19 agosto 2009, infine, la società quotata comunicava al mercato il mancato versamento della predetta somma e l’intenzione di ricorrere a procedure straordinarie, liquidatorie o concorsuali. Ciò valeva all’amministratore delegato della quotata la contestazione, il 13 agosto 2014, della violazione di cui all’art. 187-ter comma 1 del DLgs. 58/1998, con irrogazione di una sanzione pecuniaria di 250.000 euro, oltre alla sanzione accessoria dell’interdizione, per 18 mesi, dallo svolgimento di funzioni di amministrazione e controllo in società quotate o facenti parte di gruppi di società quotate. I giudici di merito rigettavano l’opposizione dell’amministratore fondata sull’intervenuta prescrizione della violazione, che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto ritenersi già maturata il 13 agosto 2014, dovendosi considerare quale ultimo comunicato stampa rilevante quello del 18 giugno 2009 (intervenuto, quindi, oltre cinque anni prima della contestazione). Erroneamente, invece, si sarebbe ritenuto che la potenzialità lesiva dell’informazione fuorviante resa al mercato avrebbe conservato il suo effetto fino alla data in cui era stata ripristinata la corretta informativa (nella specie, con la diffusione dell’ultimo comunicato di rettifica del 19 agosto 2009); circostanza che avrebbe consentito di ritenere tempestiva la contestazione della violazione. In tal modo, però, sarebbe stato travisato il senso della norma, che punisce soltanto la condotta di manipolazione del mercato, e non la sua protrazione nel tempo, violando il principio di tassatività dell’illecito e introducendo una fattispecie sostanzialmente imprescrittibile, non prevista dall’ordinamento. La Suprema Corte reputa fondata tale censura. In particolare, i giudici di legittimità precisano che:
- l’illecito di manipolazione del mercato è istantaneo, di mera condotta e di pericolo concreto, e si consuma nel momento stesso in cui la notizia, foriera di scompenso valutativo del titolo, viene comunicata o diffusa (e, cioè, esce dalla sfera del soggetto attivo);
- esso, dunque, si configura a prescindere dall’effettiva variazione del prezzo di mercato del titolo, essendo sufficiente la semplice condotta di diffusione della notizia non veritiera, che deve essere astrattamente idonea a realizzare l’alterazione;
- la tutela assicurata dall’ordinamento è, per tal via, anticipata, mirando ad assicurare la corretta formazione del prezzo dello strumento finanziario sul mercato;
- il criterio di accertamento dell’illecito è quello della c.d. prognosi postuma, per tale intendendosi un giudizio in concreto, svolto ex ante, che valorizzi tutti i dati di fatto esistenti al momento del compimento della condotta illecita, al fine di verificare la connotazione decettiva del fatto comunicativo e la sua concreta idoneità a produrre effetti distorsivi sul patrimonio conoscitivo degli investitori (persuadendoli della convenienza dell’impego del denaro nell’acquisto del titolo o inducendoli alla dismissione dell’investimento già effettuato);
- collide con tali principi la pretesa di ricostruire l’illecito in questione come fattispecie di natura permanente, fino al ripristino della verità informativa.
30 marzo 2023
/ Maurizio MEOLI