Prima casa ancorata alle dichiarazioni rese in atto
/ Anita MAURO
Tra le questioni che possono sorgere nell’ambito dell’agevolazione prima casa, una è legata alle dichiarazioni da rendere in atto. Infatti, secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, le dichiarazioni non possono essere corrette a posteriori, quindi, se in atto viene dichiarata una delle condizioni che consentono di accedere al beneficio, non si può, poi, dopo l’accertamento, far valere una diversa situazione, anche se essa obiettivamente sussisteva al momento dell’acquisto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. 6 settembre 2024 n. 23978) ha fornito un’esemplificazione di questo principio. Nel caso di specie, un contribuente, dopo aver acquistato un immobile con l’agevolazione prima casa (Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86), aveva ricevuto dall’Amministrazione finanziaria un avviso di liquidazione di maggiore imposta. L’Amministrazione rilevava, in particolare, che il beneficio non poteva trovare applicazione, in quanto l’acquirente non aveva rispettato l’impegno, assunto in atto a rivendere entro 1 anno la “ex prima casa”. Il contribuente, però, opponeva alla pretesa del Fisco l’esimente della forza maggiore, rilevando che l’immobile pre-posseduto era stato colpito dal terremoto del 2009 ed era, quindi, inidoneo a essere utilizzato come abitazione. La Cassazione, chiamata a decidere, non accoglie le ragioni del contribuente. La Suprema Corte pone l’accento sul fatto che, al momento dell’atto agevolato (stipulato nel 2016), il contribuente si era impegnato a rivendere la “ex prima casa” entro un anno dal nuovo, come consentito dal comma 4-bis della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, senza fare riferimento al fatto che l’abitazione preposseduta, non essendo idonea all’uso abitativo (a causa del terremoto subito nel 2009), non costituiva ostacolo all’acquisto della nuova abitazione. Ricorda, infatti, la pronuncia, che un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità ritiene che la Nota II-bis, ove fa riferimento all’impossidenza di una “casa di abitazione”, implichi che solo un immobile idoneo all’uso abitativo possa impedire l’accesso al beneficio, mentre sarebbe irrilevante la titolarità di un altro immobile ma “inidoneo”, per caratteristiche a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del contribuente. Peraltro, si potrebbe rilevare che, secondo la stessa giurisprudenza citata (cfr. Cass. 2 febbraio 2018 n. 2565), la idoneità riguarda, in realtà, solo la condizione di cui alla lett. b) (immobile preposseduto nello stesso Comune) e non quella di cui alla lett. c) (titolarità di un immobile già acquistato con il beneficio) posto che anche la nuda proprietà di un immobile già acquistato col beneficio esclude la reiterabilità dell’agevolazione, anche se non consente di abitare materialmente nell’immobile. Tuttavia, i giudici di legittimità non sollevano tale punto (che poteva essere dirimente) ma pongono l’accento sul fatto che, nel caso di specie, il contribuente si fosse impegnato a rivendere la ex prima casa in atto, con ciò rendendo irrilevante l’inidoneità abitativa dell’immobile preposseduto. Secondo la pronuncia, le dichiarazioni prescritte dalla Nota II-bis per l’accesso all’agevolazione prima casa configurano elemento costitutivo della fattispecie agevolativa, assumendo la natura di dichiarazioni di volontà irrevocabili. Quindi, il fatto che il contribuente avesse dichiarato in atto che avrebbe soddisfatto la condizione richiesta dalla lett. c), alienando (entro 1 anno) la casa già acquistata col beneficio, escluderebbe la possibilità di dichiarare, successivamente, che la condizione richiesta dalla lett. c) sussisteva già al momento dell’atto, in quanto l’immobile preposseduto era inagibile. Posto che il terremoto che ha reso inagibile l’immobile preposseduto era anteriore al nuovo acquisto agevolato, il contribuente avrebbe dovuto, in sede di atto di acquisto, dichiarare la non possidenza di un altro immobile già acquistato col beneficio, in quanto quello di cui era titolare era inagibile a causa del terremoto. Invece, una volta dichiarato l’impegno alla rivendita, il contribuente non può più modificare il contenuto delle dichiarazioni necessarie per accedere all’atto e, quindi, perde la possibilità di far valere l’inagibilità dell’immobile preposseduto. Infine, l’inagibilità a causa del terremoto non è neppure sufficiente a integrare la forza maggiore con riferimento alla rivendita infrannuale. In pratica – spiega la Cassazione – il contribuente non può sostenere di non essere riuscito a rispettare l’impegno alla rivendita entro 1 anno a causa di un evento imprevedibile, inevitabile e a lui non imputabile. Il terremoto che ha colpito l’immobile preposseduto, infatti, risaliva al 2009, ben 7 anni prima dell’acquisto della nuova “prima casa”. Inoltre, alla data del nuovo acquisto, la ex prima casa era già stata da tempo dichiarata inagibile dal Comune. Quindi, nel caso di specie non ci si trova di fronte a un’ipotesi di forza maggiore, bensì a un’erronea valutazione delle possibilità di vendita da parte del contribuente, che aveva creduto di riuscire a rivendere l’immobile inagibile o di poterlo recuperare autonomamente.