Cram down non necessario per gli oneri di riscossione
Modifiche del piano successive al voto solo se migliorative
Il debitore non consumatore può porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento mediante la procedura di concordato minore, proponendo ai propri creditori il soddisfacimento delle loro pretese, anche parziale e in qualsiasi forma, precisandone le modalità e i tempi di realizzo.
Analogamente al concordato c.d. maggiore (artt. 84 e ss. del DLgs. 14/2019) il piano può prevedere la prosecuzione dell’attività imprenditoriale (c.d. concordato in continuità) ovvero la sua cessazione (c.d. concordato liquidatorio).
In questa seconda ipotesi, ai fini dell’ammissibilità della proposta, è necessario che sia previsto l’apporto di risorse esterne tali da incrementare, in misura apprezzabile, l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda.
È da ritenersi ammissibile, tuttavia, la proposta di concordato minore liquidatorio che, sebbene priva di attivo disponibile rientrante nel patrimonio del debitore, si basa in via esclusiva sulla finanza esterna; l’apporto del terzo è idoneo, infatti, a incrementare l’attivo disponibile e a consentire al debitore, anche se incapiente, di accedere a uno strumento alternativo alla liquidazione controllata al fine di regolare la situazione di sovraindebitamento.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Avellino con sentenza del 28 febbraio 2025, consolidando l’orientamento prevalente (Trib. Campobasso 14 gennaio 2025, Trib. Avellino 7 novembre 2024); più di recente e in senso positivo si è espresso anche il Tribunale di Roma con la sentenza n. 305 del 7 aprile 2025.
L’ammissibilità, infatti, è da preferire a tesi maggiormente restrittive in ragione del ricorrere di diverse circostanze: l’incremento si realizza anche rispetto a un attivo nullo, oltre al fatto che, in caso di incapienza del debitore, l’apporto di finanza esterna consente ai creditori di poter contare su un surplus di risorse apprezzabile e tali da garantire una qualche utilità (Trib. Avellino 7 novembre 2024).
La pronuncia consente di approfondire anche il tema della distribuzione delle risorse, del cram down, della soddisfazione dei creditori chirografari e, non ultimo, della possibilità di variazioni al piano post votazione.
La distribuzione delle risorse a favore dei creditori privilegiati è vincolata solo rispetto all’attivo disponibile rientrante nel patrimonio del debitore.
Le risorse esterne, di contro, possono essere liberamente distribuite secondo la regola della c.d. relative priority rule (RPR), in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c.; la condizione indefettibile è che non vi sia alcun obbligo di restituzione a favore del terzo, escludendo che questi possa concorrere con il pagamento dei creditori concorsuali.
Tale condizione determina la c.d. neutralità della finanza esterna che, non transitando nel patrimonio del debitore, può essere destinata in via diretta alla soddisfazione dei creditori e senza essere assoggettata alla regola distributiva della c.d. absolute priority rule (APR).
Ai sensi dell’art. 80 comma 3 del DLgs. 14/2019, in caso di mancata adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o dagli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, il giudice può procedere con l’omologa forzata (c.d. cram down); è necessario, inoltre, che la stessa adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 79 del DLgs. 14/2019 e che, per il creditore pubblico, la proposta satisfattiva sia conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione controllata.
Ciò premesso, si deve ritenere che il meccanismo del cram down operi solo con riferimento ai crediti tributari e contributivi e non anche per gli oneri di riscossione connessi; la conseguenza è che, in tal caso, ove manchi l’adesione del concessionario, trova applicazione la regola generale del silenzio assenso (art. 79 comma 3 del DLgs. 14/2019), escludendo la necessità di un sindacato di merito da parte del giudice ai sensi dell’art. 80 comma 3 del DLgs. 14/2019.
Sempre in tema di voto, l’espressione del legislatore “voto espresso” non esclude dal calcolo anche quei voti che devono intendersi favorevoli per silenzio-assenso.
Con riferimento alla proposta satisfattiva, invece, è necessario che ai creditori chirografari sia in ogni caso riconosciuta una percentuale di soddisfo, anche quando l’alternativa della liquidazione controllata non offra loro alcuna prospettiva di capienza.
Si tratta di una condizione necessaria che risulta indipendente dalla circostanza che il concordato liquidatorio si basi esclusivamente sulla finanza esterna ovvero che i creditori chirografi possano trovare o meno soddisfazione nell’alternativa liquidatoria.
In ultimo, è da ritenersi ammissibile una variazione migliorativa della proposta, anche quando questa intervenga successivamente alla manifestazione di voto da parte dei creditori. La cristallizzazione operata dal voto, infatti, deve escludere solo successive modifiche peggiorative, non impendendo che lo jus variandi possa essere esercitato per attribuire un maggiore vantaggio ai creditori.
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