L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale non sconta l’IVA
Per la Cassazione si tratta di una somma che compensa il conduttore per la perdita subita; l’Agenzia dovrebbe rivedere la sua posizione
Quando cessa il rapporto di locazione di immobili utilizzati per esercitare attività che comportano il contatto diretto con il pubblico, il conduttore ha diritto a un’indennità per la perdita dell’avviamento, salvo che la cessazione sia dovuta a risoluzione per inadempimento, disdetta o recesso di tale soggetto oppure a procedura concorsuale. L’indennità è pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto o a 21 mensilità per le attività alberghiere (art. 34 della L. 392/78).
La giurisprudenza di legittimità ha escluso la rilevanza ai fini IVA di tale indennità, mentre la prassi amministrativa si è espressa in senso opposto, seppure in un documento ormai datato.
Nella sentenza n. 29180/2019, la Corte di Cassazione ha sancito che l’indennità in esame non rappresenta un corrispettivo del contratto di locazione, ma rientra tra le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, penalità, ritardi o altre irregolarità contrattuali, che non concorrono alla formazione della base imponibile IVA, ai sensi dell’art. 15 del DPR 633/72.
La Suprema Corte aveva già negato l’assoggettamento a IVA dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale in precedenti pronunce (ex multis, Cass. nn. 8559/2012 e 13345/2006) e la stessa posizione è stata poi ribadita negli ultimi anni (ex multis, Cass. nn. 20619/2022, 2040/2022 e 23515/2020).
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la prestazione indennitaria del locatore e l’obbligo di rilascio dell’immobile del conduttore non si collocano sul piano del sinallagma contrattuale, tenuto conto che le due obbligazioni sorgono quando il rapporto è già cessato.
In particolare, l’indennità ha una duplice funzione:
- compensare il conduttore della perdita dell’avviamento conseguente all’indisponibilità dei locali;
- distribuire equitativamente alcune utilità, rimaste in capo al locatore sotto forma di incremento del valore locativo, sul soggetto che ha contribuito a tale incremento, ossia il conduttore.
In sintesi, si tratta di un sistema legale compensativo “finalizzato ad allocare alcune delle esternalità positive (nella specie, l’incremento di valore locatizio ricollegabile all’avviamento indotto dall’attività economica riconducibile al precedente conduttore) su chi ha concorso a incrementare quelle esternalità”.
Per queste ragioni, la Cassazione ha escluso la natura corrispettiva della somma in esame e, quindi, l’applicazione dell’IVA.
Nella risoluzione n. 73/2005, invece, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale corrisposta in seguito alla naturale cessazione della locazione rappresenta il corrispettivo di una prestazione di servizi imponibile IVA, in presenza degli altri requisiti per l’applicazione dell’imposta.
La tesi interpretativa dell’Agenzia si fonda sul fatto che la corresponsione dell’indennità è stabilita anche in caso di decorrenza naturale dei termini del contratto di locazione; essa non potrebbe rientrare, pertanto, nella fattispecie di esclusione dalla base imponibile IVA prevista per i risarcimenti in senso proprio dovuti per ritardi e inadempimenti contrattuali (art. 15 comma 1 n. 1 del DPR 633/72).
La circostanza che l’indennità sia prevista e quantificata dalla legge, e non in un accordo contrattuale, non escluderebbe la sua riconducibilità a un rapporto sinallagmatico e l’inclusione dell’operazione fra quelle imponibili. Pertanto, l’indennità spettante al conduttore costituirebbe il corrispettivo, seppur determinato ex lege, per l’incremento di valore dell’immobile e delle sue potenzialità di sfruttamento imprenditoriale derivanti dall’attività commerciale ivi svolta.
Alla luce della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, tuttavia, sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate rivedesse la propria posizione.
Sul tema in esame si segnala anche la norma di comportamento n. 190/2014, con la quale l’Associazione italiana dottori commercialisti (AIDC) aveva distinto due ipotesi:
- l’indennità corrisposta nella misura prevista dalla legge quando il locatario abbandona i locali al termine del contratto, da qualificare come operazione non economica, poiché priva di controprestazione, non rilevante ai fini IVA per carenza del presupposto oggettivo (art. 3 del DPR 633/72);
- le somme riconosciute al locatario, non come conseguenza immediata della cessazione del contratto, ma a seguito di una negoziazione fra le parti, da considerare rilevanti ai fini IVA, in quanto sussiste un corrispettivo erogato a fronte di un’obbligazione di fare, non fare o permettere.
Se la corresponsione dell’indennità è rilevante ai fini IVA, la norma di comportamento aveva precisato che dovrebbe essere applicato il medesimo trattamento (esenzione o imponibilità) previsto per i canoni di locazione.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41