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Confindustria: sì alle riforme per la crescita dell’Italia

/ REDAZIONE

Venerdì, 9 aprile 2010

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PARMA - “È ora di voltare pagina nella gestione dell’economia”, è necessario abbattere “le tante muraglie all’interno del nostro Paese, le muraglie che ostacolano le sfide per la modernita”. Dal convegno di Parma, Confindustria rilancia così il pressing per le riforme. “Lo chiedono le imprese, lo chiedono gli italiani”. Lo ha sottolineato il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, aprendo due giorni di confronto sul tema “Libertà e benessere, L’Italia al Futuro”. Apre il dibattito il rapporto del Centro studi su com’è cambiato il Paese, dall’Unità d’Italia, e nei cento anni che Confindustria compie nel 2010. Una analisi sui “progressi fatti” per sottolineare “i progressi mancati”. Quindi le “muraglie da abbattere”, le riforme che non possono più essere rinviate. La ricetta è quella più volte ribadita da Confindustria, con la presidente Emma Marcegaglia che ha chiesto al governo di non sprecare l’occasione dei prossimi tre anni senza elezioni. Quindi, ricorda Paolazzi, serve più concorrenza, più libertà d’impresa, meno burocrazia, più infrastrutture, energia meno cara, andare avanti con le riforme del mercato del lavoro, puntare sulla formazione e su un’università più meritocratica. Richieste sostenute anche da sondaggi che dimostrano come è questo ciò che chiedono le imprese e quello che vogliono gli italiani. Ricordando le stime che il Centro studi di Confindustria aveva diffuso lo scorso anno al convegno di Mantova, Paolazzi ribadisce che con le riforme il PIL può crescere del 30% in venti anni: il 13% puntando su risorse umane e formazione, il 4% abbattendo gli ostacoli della burocrazia, ancora un 11% andando avanti con le liberalizzazioni.
Invece, secondo le le stime di Confindustria, nel 2014 il PIL procapite sarà del 10% in meno rispetto alla media europea, mentre nel 2009 risultava sotto del 5%. “Questa tendenza proseguirà però nei prossimi anni”, ha commentato il direttore del CsC Luca Paolazzi, secondo il quale scenderà di altri 5 punti. “Il gap sarà quindi di dieci punti percentuali sotto la media europea”, ha detto Paolazzi, ricordando che la perdita rispetto alle altre nazioni europee è iniziata negli anni ’90: “se nel ’91 eravamo a quota 106, fatta 100 la media europea, nel 2009 eravamo al 95 e nel 2014 saremo a 90”, così come prevedono anche le stime del Fondo monetario internazionale. (Ansa)

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